«Un locale ‘sexy’ che trasuda storia»

Nicola Zucchi, dj e proprietario per 16 anni, ha ceduto il testimone l’anno scorso. «Un club dalla fortissima energia»

Volto simbolo dell’ultimo ventennio targato Snoopy, Nicola Zucchi in piazza Cittadella ci è letteralmente cresciuto, al punto da non starci più dentro: dopo sedici anni di proprietà (era il 2003 quando, insieme a Federico Pomelli e Matteo De Pietri, rilevarono il locale; il 2000 quando metteva i primi dischi) poco prima dell’estate ha venduto. Nicola, oggi uno dei più importanti dj e produttori italiani, nella sua carriera ultraventennale (e non ha nemmeno quarant’anni) è stato resident dj al Pineta di Milano Marittima e ha suonato con personaggi come Bob Sinclair, David Morales, Martin Solveig, per citarne alcuni. Negli ultimi anni si è visto spesso in consolle con l’amico Gianluca Vacchi: in questo 2019 appena concluso la coppia si è esibita ‘re’ dei festival dance Tomorrowland.

Zucchi, perché ha deciso di vendere lo Snoopy?

«Quando lo rilevai nei club non solo si faceva musica ma anche moda, ricerca sia negli arredi che nelle proposte alcoliche. Io e Fede (Pomelli) andavamo a Saint Tropez e tornavamo con vodka come la Greygoose o la Belvedere, inserendole nel listino dello Snoopy quando ancora non si vedevano in giro. Negli ultimi tre anni sono stato tantissimo via, tutto questo schema è saltato ed è anche cambiato il modo di vivere il clubbing».

In che senso?

«Quando ho iniziato io come dj spendevo anche 100mila lire per un brano in vinile da suonare in serata: i direttori artistici dei locali volevano che tu avessi le ultime novità discografiche, se no non venivi scelto. Erano delle ‘promo’, poche copie nel mondo che venivano distribuite ai dj e la clientela andava nei locali anche per scoprire musica nuova. Questo sistema, oggi dove tutto è raggiungibile con pochissimo sforzo, è saltato completamente».

Però lei lavora ancora moltissimo. Qual è il segreto?

«Mi sono adattato alle nuove esigenze. Cerco di lavorare sempre per chi ho davanti e spazio molto, senza pregiudizi. Suono in mille situazioni diverse: feste private, sfilate, negozi. C’è chi dice che sia svilente, per me è invece l’opportunità per esprimermi più liberamente, slegato dall’ottica della serata».

Perché proprio lo Snoopy, sedici anni fa?

«Sono state la sensibilità e la nostalgia a farmelo scegliere. Perché lo Snoopy era lo Snoopy, era sexy e aveva quell’allure magica, quando entravi respiravi un affascinante odore di vecchio. A me, che sono un amante sfrenato del design dell’epoca, bastava mettere un piede dentro lo Snoopy per provare una sensazione di benessere: la moquette, le lampade di Gae Aulenti, gli ambienti di Grossi e Ausenda. Allo Snoopy mi sono sempre sentito bene: trasuda storia, ha una fortissima energia».

A quale serata non rinuncerebbe mai?

«A quella di Natale, sempre bellissima. Da quando ho avuto lo Snoopy non sono mai mancato e non mancherò in consolle almeno per i prossimi due anni di sicuro. La serata di Natale è una delle poche in cui davvero ti senti come una volta, senti quella magia».

Quale magia?

«Quella per cui allo Snoopy si riunivano ventenni e sessantenni insieme. Con la voglia di divertirsi, trovarsi e stare in giro. Una cosa bellissima, oggi rara da trovare».

Chiara Mastria