Unimore e Gucci, il corso di laurea è ’griffato’ Bizzarri: "Esploriamo nuovi orizzonti virtuali"

Il ceo della casa di moda, nato a Rubiera: "Al ’Barozzi’ io e Bottura eravamo compagni di banco. Ci dissero: ’non farete mai niente di buono’"

Migration

di Paolo Tomassone

"Voi due nella vitanon combinerete mai niente di buono". Probabilmente esasperata dalla loro eccessiva vivacità, la professoressa di matematica al Barozzi si è lasciata andare a un presagio ben poco lusinghiero nei confronti di due compagni di banco, Massimo e Marco. Dopo 46 anni il primo, più noto come Bottura, è considerato il migliore chef al mondo; il secondo, che di cognome fa Bizzarri, dopo una laurea in economia a Modena e svariate esperienze in giro per il mondo, tra cui la direzione di un team alla Andersen Consulting e ad Accenture, ha preso in mano nel 2015 il destino di Gucci, rilanciando uno dei più noti marchi della moda anche tra i giovani e più che raddoppiando in sette anni le vendite. Almeno 500 milioni di persone visitano il sito di Gucci, 50 milioni di clienti entrano ogni anno in uno dei negozi (reali) sparsi in tutto il mondo, sono 100 milioni i followers delle pagine social ufficiali del gruppo. Insomma "un numero di dati spaventoso che aiuta tantissimo il nostro business ma va gestito con molta cautela" avverte il manager che ieri alla Fondazione Marco Biagi ha incantato gli oltre 300 giovani, tra gli studenti del Deledda e del Venturi e gli universitari del corso di economia.

Dottor Bizzarri, partiamo dall’inizio, dal suo legame con Modena.

"Io sono di Rubiera, ho studiato ragioneria a Modena dove mi sono poi laureato in economia. In Emilia ho le mie radici. Vivo a Milano, ma tornare il fine settimana a Rubiera mi dà un senso di pace, perché posso giocare a scacchi, a carte e a calcio con gli amici. La provincia è la mia salvezza, assieme alla mia famiglia, perché mi aiuta a mantenere l’equilibrio e a non perdere i valori che contraddistinguono la vita di una persona".

Al Barozzi ha conosciuto Massimo Bottura. Siete ancora amici?

"Sì lui si ricorda ancora la data precisa del nostro primo incontro, il 12 settembre 1975. Il primo giorno di scuola, ci siamo guardati, abbiamo scelto lo stesso banco e siamo rimasti insieme per cinque anni. Massimo è sempre stato piuttosto esuberante, ma non sapeva cucinare, ha imparato col tempo; poi era talmente creativo, simpatico ed empatico che è diventato quello che è adesso, un leader nel settore della ristorazione, un po’ come Valentino Rossi per le moto. Tra di noi c’è sempre stato un rapporto di amicizia molto forte, insieme abbiamo realizzato la Gucci Osteria a Firenze e continuiamo a sentirci quotidianamente".

La vostra professoressa di matematica vi considerava un po’ discoli.

"Sì è vero e un giorno ci disse ‘Bottura e Bizzarri, voi due nella vita non combinerete mai niente’. Questo è un insegnamento anche per gli studenti di oggi: quando trovate qualcuno che vi denigra non demoralizzatevi, c’è spazio per tutti".

C’è ancora spazio per le scuole professionali e professionalizzanti?

"In Italia l’artigianalità e la tecnica offrono opportunità pazzesche, almeno per il settore moda, ma non si valorizzano tanto quanto fanno invece in Germania e in Svizzera. Da noi viene identificato come un mestiere di seconda categoria, ma senza quello il settore della moda morirà, basti pensare ai modellisti, ai prototipisti e al supporto che danno al direttore creativo per rendere fruibile la sua idea. Se vogliamo alimentare e dare spazio a meccanismi creativi molto forti si deve lavorare molto di più su questo aspetto, anche dal punto di vista governativo, cercando di creare gli strumenti per fare in modo che i ragazzi possano entrare e sentirsi fieri di far parte di questo percorso professionale".

A proposito di creatività, in Gucci avete deciso di esplorare nuovi orizzonti virtuali; quanto ripaga questa strategia?

"Già da due anni abbiamo creato il team ‘Dream big’ che lavora per approfondire aree inedite. Ci siamo concentrati sul gaming con piattaforme del calibro di Roblox, Zepeto, Animal Crossing e Genies. Cerchiamo di sperimentare sempre. Quanto questo ci porterà ad entrate economiche non lo sappiamo. Sicuramente vogliamo avere persone all’interno dell’azienda che lavorano sul digitale e sui dati, che siano in grado di capire che cosa sta succedendo. Se vogliamo parlare con le nuove generazioni non credo che riusciremo a farlo ancora a lungo con una cintura, una cravatta o una sneaker. Ma quello che succederà nel metaverso è un’incognita, non lo sanno neanche in Silicon Valley gli imprenditori e i venture capitalist".

Cosa dice ai giovani di oggi per incoraggiarli?

"Quando studiavo economia mi dicevano che la grande differenza per un successo erano le aspettative che possono generare qualcosa di positivo. Credo che i giovani non debbano concentrarsi su cose che non possono controllare, come la guerra e i blocchi geopolitici, ma su quello che possono controllare: lo studio, le persone che si frequentano e la curiosità. E poi si devono circondare di persone che vogliono loro bene, li supportano e li sostengono".