
Modena, 10 giugno 2025 – Il pilota c’è, ma non è in carne e ossa, non è un fascio di nervi e muscoli: è piuttosto un fascio di cavi e cablaggi, sostegni, centraline e router. Ma è un pilota a tutti gli effetti: sceglie in autonomia le traiettorie, la velocità, se sorpassare o meno. È un’intelligenza artificiale che nessuno controlla da remoto, quella che in questi giorni sta guidando, sulla pista dell’autodromo modenese di Marzaglia, una Dallara AV 24 (derivata dalla IL-15) in configurazione racing, una monoposto a ruote scoperte come quelle che gareggiano nella Indy Nxt, una delle serie del circuito IndyCar americano.

E negli Stati Uniti ‘vive’ la sua quotidianità di evoluzione e gare questa vettura, il cui cervello è emiliano doc, perché tutti gli algoritmi che istruiscono e allenano la sua guida totalmente autonoma sono sviluppati dagli studenti e dai ricercatori del progetto Unimore Racing coordinato dal professor Marko Bertogna del Dipartimento di Scienze Fisiche, Informatiche e Matematiche dell’ateneo di Modena e Reggio Emilia e dai softwaristi di Hipert, azienda spin off dello stesso ateneo.

Non si parla di elettrico, qui, ma di elettronica e intelligenza artificiale, perché il motore è endotermico (un Honda V-Tec K 20 sovralimentato da 2000 cc per una potenza di 500 cavalli) e il rumore è quello, e inconfondibile, di una vettura da competizione. Eppure non è l’hardware, ma il software di guida completamente autonoma che monta ciò che interessa: il posto dell’abitacolo è infatti destinato a un set di elettronica che ha lo scopo di percepire l’ambiente attraverso una serie di sensori (Lidar raffinati e submillimetrici, radar, camere ottiche, sensori Imu, Gps e Gnss) i cui stimoli e informazioni sono elaborati, in maniera computazionalmente intensiva, dall’intelligenza artificiale progettata dagli algoritmi Unimore-Hipert, per riprodurre fedelmente la modalità di ragionamento di un pilota.
La macchina pensa con i principi della fisica, valuta i parametri telemetrici e da sola sceglie la sua strategia. Anche in corsa, perché la vettura corre l’Indy Autonomous Challenge (in cui Unimore si è aggiudicata l’ultima gara di gennaio 2025), sfidando in pista le vetture di eccellenze universitarie quali il Mit di Boston, il Tum di Monaco, California Tech, il Kaist sudcoreano e il Politecnico di Milano. “Ci stiamo avvicinando ai tempi di un pilota professionista – spiega il professor Bertogna –. Il punto ora è superare quel limite. Da quando abbiamo iniziato il progetto, nel 2020, l’evoluzione è stata enorme, ed è emozionante assistere a ogni passo”.
Il tempo di reazione dell’intelligenza artificiale che guida la monoposto è ampiamente al di sotto dei 100 millisecondi, quando quello di un pilota professionista è fra 200 e 300. “Il racing è un magnifico pretesto”, dice l’ingegner Massimiliano Vaccari, membro del board di Hipert, l’azienda spin-off creata appunto con lo scopo di portare al mercato e all’industria le innovazioni studiate. “Dall’off-highway, al movimento terra, passando per le macchine da costruzione, logistica, cave e cantieri, agricoltura e difesa, giusto per fare alcuni esempi, sono diversi i settori in cui questa realtà può aumentare la sicurezza e migliorare l’efficienza dei processi. Questo è un momento storico per l’umanità”.