Allarme al Pronto soccorso Pesaro: anziani in barella anche per tre giorni

La denuncia dell’infermiera che ha preso il primo cazzotto durante l’aggressione del 3: "Impossibile lavorare in queste condizioni "

Caos al Pronto soccorso: anziani lasciata anche 3 giorni in barella

Caos al Pronto soccorso: anziani lasciata anche 3 giorni in barella

Pesaro Urbino, 8 novembre 2021 - E’ stata lei a prendere il primo pugno in faccia. Si chiama Marianna Romani, 44 anni, di Pesaro, infermiera al pronto soccorso del San Salvatore da oltre 17 anni: "Quel ragazzo aveva un faccino pulito, era vestito bene, e un attimo prima rideva felice".

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Marianna racconta quello che è successo mercoledì sera poco prima delle 20, in ospedale: "Arriva questa macchina alla porta carraia. Un padre ci dice che ha trovato il figlio in stato di incoscienza in un parco. Io e il mio collega, gli unici due liberi in quel momento, carichiamo questo giovane di 23 anni sulla barella. Non sembra nemmeno sentirci e vediamo subito che è in ipotermia.

Aveva una temperatura corporea di 34 gradi. Lo portiamo in un ambulatorio per fargli salire la temperatura. Dopo circa 15 minuti, riapre gli occhi, vede il padre, e comincia ad insultarlo.

Non voglio nemmeno ripetere quelle parole perché sono state terribili. Il padre si mette a piangere. Capiamo che il ragazzo sta delirando. Inizia a ridere e poi sferra le testate contro le sbarre laterali della barella, urla contro i genitori, poi dice che ha l’epatite c e che l’avrebbe attaccata a tutti".

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Marianna Romani, 44 anni, l'infermiera del pronto soccorso picchiata
Marianna Romani, 44 anni, l'infermiera del pronto soccorso picchiata

«Da quel momento, in un attimo, inizia a sputare contro di noi – dice Marianna – mi colpisce in faccia con un pugno, io resisto e cerco di tenerlo, altro pugno al collega che lo teneva come me. Urliamo aiuto, ma il pronto soccorso in questo momento ha 40 anziani parcheggiati sulle barelle, tutti tra gli 80 e i 95 anni, molti dei quali urlano. Il caos è talmente grande che nessuno ci sente. Poi finalmente arriva qualcuno, apre la porta e ci vede. Arriva il primario, e riceve uno sputo da quel ragazzo che urla di avere l’epatite c e di essere felici di attaccarcela. Lo addormentiamo con un’iniezione portandolo in rianimazione per la ventilazione".

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"Quando dopo molte ore lo hanno svegliato – racconta Marianna – ha ricominciato a delirare. Così lo hanno riaddormentato. Mentre era lì, al pronto soccorso, ci ha detto che si era fatto di cocaina e si era ubriacato e ce l’aveva con tutti. Pur in delirio, parlava lucidamente. E’ probabile che abbia preso qualche mix di droga sintetica che lo ha portato al delirio e alla violenza. Ma noi, quel ragazzo, non l’avevamo mai visto prima. Non ci sembrava come gli altri tossicodipendenti, eppure è molto pericoloso per sé e gli altri. Non so nemmeno dove sia stato portato ora, se in psichiatria oppure no, ma sono ancora traumatizzata".

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Marianna Romani è amareggiata anche per un’altra cosa: "Non è solo una questione di pugni e di sputi, ma il pronto soccorso è sotto attacco di tutti. Avendo 40 persone anziane sulle barelle anche per tre giorni posizionate nella sala d’attesa, siamo costretti a cambiare pannoloni o a dare il pappagallo a pochi centimetri da un altro, è capitato che qualcuno sia morto sulla barella in mezzo a tutti, e dobbiamo dirlo poi ai parenti. E’ terribile. Sono momenti brutti che non può bastare un flash mob di 1 minuto per superarli o la conferenza stampa dei politici. Protesto per la prima volta in 17 anni di lavoro. Un conto è un pugno in faccia, che fa parte del rischio, ma vedere tanti anziani stesi sulle barelle perché non c’è altro posto essendo stata requisita una palazzina per il covid, mi fa stare male. I parenti se la prendono con noi, urlano, minacciano querele, perché a volte non possono entrare per la presenza di altri. Io credo che chiederò di trasferirmi come diversi miei colleghi. Andrò al 118 oppure in qualche ospedale della Romagna. Qui, in queste condizioni, non è più possibile restare. Questo vale per noi infermieri e per i medici. Non può andare bene così"