
Da sinistra, Sacchi, Mancini e Londei
La Urbino sotterranea è un tesoro che continua a regalare doni, anche quasi due millenni dopo la realizzazione della prima rete di cunicoli, ma, oltre che riscoperta, andrebbe valorizzata e mostrata al mondo. Ne è convinto Giorgio Londei, presidente di Urbino capoluogo, che ieri ha ospitato il Gruppo speleologico urbinate per parlare di ciò che sta riemergendo dal sottosuolo cittadino e delle nuove prospettive.
"I sotterranei hanno fatto le fortune di tanti luoghi – commenta Londei, che è anche presidente del Legato Albani –. Quella che sta emergendo è una città nuova, dedicherò i prossimi anni a valorizzare Urbino per i cittadini e per il turismo: sarebbe bellissimo se il mondo sapesse che qui ci sono anche cose da vedere nei sotterranei. Naturalmente, servono finanziamenti, spero di averne a sufficienza".
In 26 anni di vita, il Gruppo speleologico ha effettuato importanti ritrovamenti nel sottosuolo del centro storico, principalmente legati alla riscoperta e ricostruzione del percorso dell’antico acquedotto romano. Una ricostruzione che ancora è lontana dall’essere conclusa, ma che molto probabilmente si lega anche ai recenti ritrovamenti in zona Lavagine, la cisterna e la condotta sotto al Collegio Raffaello: "Che Urbino sia ricca d’acqua e che essa fosse raccolta con grande arte lo raccontava già Bernardino Baldi nel 1500 – spiega Enrico Maria Sacchi, presidente del Gsu –. Ci sono centinaia di pozzi, 20-30 cisterne e, soprattutto tra Santa Lucia e la Fortezza, cunicoli che formavano l’acquedotto del II secolo d. c. Tutti i rami convergono nella fonte del Leone o della Barberina, realizzata dal cardinale Albani nel 1700, probabilmente sull’antico ninfeo romano. L’acquedotto fu riscoperto nel 1998 ed era una rete di gallerie che trova paragone solo in quello di Latina. Dopo aver trovato una galleria che era l’anello mancante tra esso e la Barberina, avevamo scoperto una condotta che partiva dalla fonte e terminava dopo 50 metri con un pozzo, senza portare acqua. Il significato l’abbiamo trovato ora: la condotta nuova del Collegio Raffaello è il pezzo che mancava. Sappiamo che fu tranciata coi lavori di inizio ‘900, ma qual era lo scopo di questa galleria, che drena acqua di falda? Probabilmente, prendeva il troppopieno della cisterna, ma forse anche altro, che ora cercheremo di scoprire. Altra cosa da capire è la storia della cisterna: forse fu costruita su una già esistente, magari romana. Infine, c’è da indagare sul pozzo del Collegio, a pianta esagonale – la prima osservata in centro storico – e che pensiamo fosse collegato anch’esso alla condotta di Lavagine. Non sappiamo cosa potremmo trovare, ci sono solo vaghe idee, sarà tutto da verificare: per ora, è una zona sotterranea a noi sconosciuta".
Nicola Petricca