Omicidio di Pesaro, lo psichiatra: “Capire meglio che rapporto c’era tra i due”

Dino Venanzini prova a sondare i misteri del movente: “Tredici coltellate sono tante. L’unica cosa è parlare con l’assassino”

"Dobbiamo capire meglio  che rapporto c’era tra i due"

"Dobbiamo capire meglio che rapporto c’era tra i due"

Dino Venanzini fa lo psichiatra da 50 anni. E’ stato direttore di Psichiatria di Area vasta, da 10 anni è in pensione. Attualmente lavora per il gruppo Atena, che ha l’unica Rems privata che esista in Italia, a Macerata Feltria, di cui lui è direttore. La Rems è la ’Residenza esecutiva misure di sicurezza’, la struttura cioè che ha sostituito l’ospedale psichiatrico giudiziario.

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Venanzini prova a interpretare, da psichiatra, cosa possa aver scatenato la furia omicida di Alessandrini.

Dottor Venanzini, lei come spiega questo omicidio, un 30enne che uccide l’amico di infanzia, che per giunta spesso lo ha aiutato?

"Sembra un atto di impeto. Forse questo ragazzo era già sotto stress, aveva già subìto eventi che erano stressanti e quella sera è scattato qualcosa per la più banale delle cause. Non è detto che ci sia stata una ragione particolare. Certo, c’è un punto di partenza che poi sale, va verso un culmine, e in questo salire possono capitare altri elementi che possono portare al delitto".

Il movente è ancora sconosciuto, si parla, ma è solo un’ipotesi, di un cellulare che sarebbe stato rubato ad Alessandrini, alcuni giorni prima, e che quindi lui ne volesse a tutti costi un altro, puntando forse a quello di Pierpaolo. O forse c’è altro, e il cellulare non c’entra nulla. Ma si può, se l’ipotesi fosse vera, uccidere per un cellulare, per giunta un amico di infanzia?

"E’ possibile, non dobbiamo mai cercare cause così grosse od eclatanti. Molte volte sono cose di piccola entità. Come io andrei a studiare bene e meglio il tipo di rapporto che c’era tra vittima e assassino. Non conosco bene le modalità ma se lui ha usato un coltello, questo indica un rapporto più ravvicinato, voglio dire non gli ha sparato, non gli ha dato alla testa con un bastone, il coltello avvicina l’assassino alla vittima... Ma non conosco bene il caso. Quante coltellate ha sferrato l’assassino?"

Tredici.

"Sono molte. Bisogna vedere quale fosse stato il tipo del loro rapporto negli anni. Molte coltellate indicano un rapporto molto ravvicinato e indica rabbia o odio per qualcosa che lui voleva da questa persona e non ha avuto".

E questa cosa potrebbe essere banalmente solo un cellulare?

"Il cellulare può essere l’evento scatenante...".

Ma loro erano amici da anni...

"Vero. Non posso dire che ci fosse qualcosa di diverso. Per capire bene dovremmo parlare con l’assassino. Faranno presto una perizia".

Il rapporto di amicizia, per assurdo, quindi potrebbe aver peggiorato i fatti, nel senso che è diventato benzina che ha acceso il fuoco della rabbia nella mente di Micael?

"Se lei ha presente quello che è successo lo scorso autunno fa in un supermercato di Assago, dove un uomo ha usato senza alcun motivo un coltello e ha ucciso una persona, ferendone altre, la risposta che l’assassino ha dato è stata: ’Vedevo tutti gli altri felici’... e lui invece non si sentiva tale. Quindi: io mi sento cattivo, non mi sento come gli altri, allora approfitto di questo per essere davvero cattivo, così mi metto in linea con i miei sentimenti, anche se disturbati. Nel caso di Pesaro, l’assassino potrebbe aver pensato: io sono cattivo, e mi punisco eliminando una persona a cui tengo".

Se a lui è successo questo, potrebbe voler dire che ci sono una serie di altre situazioni pericolose, persone cioè che vanno curate meglio, altrimenti rischiamo nuove tragedie?

"E’ pieno di questi casi, e sono molti di più di quanto possa pensare chi sta fuori. In questo momento se c’è un settore in sofferenza, questo è la psichiatria. Tanti colleghi che se ne vanno, per occupare altri posti di lavoro. I servizi sono calati di intensità, gli organici sono ridotti. Un ragazzo così, se davvero era giudicato pericoloso, doveva essere curato in maniera più sistematica. Questo non vuol dire che non ci avrebbe provato ugualmente, ma forse la tragedia si poteva evitare".

Alessandro Mazzanti