REDAZIONE PESARO

Ex Amga, evitata la beffa. Il Comune voleva l’Imu, il giudice annulla tutto

Le società proprietarie si sono viste chiedere 200mila euro di imposta ma l’area inquinata è diventata un boschetto per la bonifica ed è sbarrata.

Le società proprietarie si sono viste chiedere 200mila euro di imposta ma l’area inquinata è diventata un boschetto per la bonifica ed è sbarrata.

Le società proprietarie si sono viste chiedere 200mila euro di imposta ma l’area inquinata è diventata un boschetto per la bonifica ed è sbarrata.

L’area ex Amga è chiusa, inquinata ed è diventata un boschetto. Il Comune di Pesaro, ex proprietario del terreno venduto poi ai privati, ha chiesto ai titolari attuali di pagare quasi 200mila euro di arretrati Imu per gli anni 2016/2020. La società Arcovallato srl, che detiene il 54 per cento della proprietà, ha detto no al pagamento di circa 100mila euro ed è ricorsa alla commissione tributaria (con l’avvocatessa Francesca Stasi) contestando la pretesa del Comune: "Il sottosuolo è inquinato, c’è una bonifica in corso e noi non possiamo fare nulla su quel terreno". Hanno avuto ragione. La commissione ha annullato le cartelle esattoriali per gli anni 2016/2020. Scrive il giudice Giacomo Gasparini nella sentenza: "Il Comune di Pesaro, con gli avvisi di accertamento emessi per più annualità, ha chiesto alla società Arco Vallato di corrispondere l’Imu e la Tasi avendo la società la proprietà (sia pure al 54%) di un’area edificabile sita in via Morosini.

Nel ricorso, la società prospetta l’assenza del requisito di concreta ed attuale capacità edificatoria del terreno". Continua il giudice: "Il Comune incentra le sue difese principali affermando che la bonifica in corso non azzera la vocazione attribuita all’area dagli strumenti urbanistici ma pone solo il dovere di ridurre il valore imponibile di essa". Ed ecco la motivazione della sentenza: "La questione che assorbe tutte le altre è effettivamente costituita dalla incidenza della presenza nel sottosuolo dell’area di scorie altamente tossiche refrattarie al primo tentativo di bonifica della durata di un biennio. Va premesso che la società ha avviato una azione civile contro il Comune per la violazione del canone di buona fede e del principio di affidamento e si attende la decisione della Corte di Cassazione. Quello che non è contestabile e neppure risulta contestato è che realmente non si sa se e quando il terreno verrà liberato in modo totale e duraturo delle sostanze chimiche che lo hanno ammorbato quando sul sito sorgeva una industria inquinante. Ora questa situazione, provata per tabulas non solo dalle carte processuali prodotte ma anche dalla attenzione elevata che la stampa locale dedica alla vicenda ormai da tempo, certamente influisce sui presupposti e sulle condizioni della imposizione fiscale attivata dal Comune. Affermare come fa la difesa dell’Ente – scrive il dottor Gasparini – che in questo caso la capacità edificatoria permane e che è sufficiente abbattere del 30% il valore venale dell’area è asserzione contraria al principio di ragionevolezza. Detto in altri termini per Arco Vallato il terreno è solo un mero nome nel senso che esiste ma su di esso (sulla sua intera parte) nessun intervento edificatorio sarà, almeno nel medio periodo, concretamente realizzabile con buona pace del precetto costituzionale (art. 53) che lega in modo indissolubile l’imposizione fiscale con una situazione che evoca un capacità contribiva dotata dei crismi della realtà e della effettività".

ro.da.