
I ricordi di uno dei più longevi dirigenti del vecchio Pci: ha 92 anni, lucido come un ventenne. Almeno 100 volte in Unione Sovietica: "Ci sono andato anche il giorno dopo di Chernobyl".
E’ un collezionista. Di emozioni. Lui è Luciano Trebbi. Parla sempre portando prove. Che possono essere: fotografie, lettere, libri, medaglie. Trebbi ha 92 anni, lucidità di un falco, nel Pci dal 1946 al 1991, poi in Rifondazione fino al 2014 facendo il consigliere comunale, ora è a casa perché cammina con difficoltà ma parla sempre da velocista. E quanta strada ha fatto Trebbi, molto più di quella di Bartali: è stato barbiere da giovane, poi vigile urbano spietato con gli assessori, ma soprattutto militante del Pci. Berlinguer lo prendeva ogni volta sotto braccio, ed ha fatto almeno 100 viaggi in Unione Sovietica. Da alcuni anni si è ritirato con la moglie Luciana nella sua casa-sezione del Pci al centro di Pesaro. Possiede 5000 medaglie sovietiche, molte all’ordine di Lenin (comprate nelle bancarelle), altre dedicate al maresciallo Suvorov, bandiere con falce e martello, 50 metri quadrati di libri di storia, comunismo, resistenza, intrighi, politica e carriere, suddivisi in tre stanze più due corridoi e un sottoscala, molti quaderni, e pareti intere di libri sul Sol dell’Avvenire.
E poi, su cuscini ricamati, cascate di benemerenze che brillavano sui petti dei generali durante le parate ai tempi di Breznev, nei cassetti lettere di compagni di metà anni ’70 che chiedevano di iscriversi al Pci con la firma dei garanti: "Le medaglie le ho comprate tutte ai mercatini - dice Trebbi – spendendo anche 450 mila lire per ognuna. Le ho trovate nei miei viaggi a Mosca cominciati nel 1957. Mi ricordo che nei primi anni Stalin era sepolto ancora vicino a Lenin nel mausoleo del Cremlino. Ci sono andato. Dicevano che aveva i baffoni, no, non era vero. I baffi di Stalin erano anche piccolini. Poi dopo lo hanno tolto dal mausoleo mettendolo da un’altra parte sotto il cemento armato".
Perché andava a Mosca così spesso?
"E’ stato un caso. Io andavo a vendere a domicilio la rivista del Pci Vie Nuove. Ero tra quelli più bravi. Così per ricompensarmi, il partito mi ha mandato in viaggio premio a Mosca".
Ma è tornato là 99 volte...
"Certo, perché visto che per la prima andata mi ero portato dietro tanta gente, hanno deciso di affidarmi una vera e propria agenzia di viaggio del Pci che organizzava viaggi in Unione Sovietica".
Chi veniva in vacanza? Solo iscritti al Pci o anche democristiani o avversari?
"Tutti, soprattutto gli avversari. Ricordo che venne il sindaco democristiano di Sant’Angelo in Vado Pasquini. Si divertiva tanto, gli interessava tutto e credo che ci sia venuto più volte. A Leningrado aveva bevuto un liquore tutto d’un fiato e si sera sentito male. Abbiamo chiamato l’ambulanza. Poi tutto si è risorto al meglio e quando siamo tornati ha organizzato un grande ricevimento a Sant’Angelo in Vado. Ma è venuto in viaggio con noi a Mosca anche un compagno di cella di Gramsci. Ho ancora la sua lettera di ringraziamento. Va trovata ovviamente tra le mie carte, ma ce l’ho"
Trebbi, andava sempre d’accordo con i russi?
"Mai, era sempre una cagnara. Noi italiani parlavamo chiaro con l’interprete, loro la tiravano per le lunghe su tutto".
E’ stato mai seguito dai servizi segreti?
"Io non mi sono mai accorto di niente".
Le è stato chiesto in Russia di dare qualche informazione sull’Italia?
"Ricordo che avevano tentato di agganciarmi perché volevano sapere delle notizie, ma non è andato avanti niente".
Trebbi, parliamo di oggi. Guerra Russia contro Ucraina. Cosa ne pensa?
"Hanno ragione i russi. Nel senso che dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia, la Nato non doveva arrivare ai confini della Russia. Se rimaneva nel suo, era meglio. Invece no, ha voluto allargarsi. Alla fine, vincerà la Russia che si annetterà i terreni al confine".
Ma lei conosce l’Ucraina?
"Si figuri, io sono partito per Kiev il giorno dopo aver appreso del disastro di Cernobyl nel 1986. Molti hanno rinunciato, ma la stragrande maggioranza è partita con me da Pesaro. Ma là non ci avevano detto niente".
Che documenti ci sono in questa sua casa-sezione del Pci?
Trebbi prende un libro dal titolo Togliatti e Stalin. E dice:
"Qui c’è il verbale di quando Pietro Secchia (fondatore del Pci) va a Mosca e chiede 600mila dollari a Stalin. I soldi sono stati messi in due pacchi da 50 kg l’uno facendoli arrivare a Belgrado e da qui in auto fino a Roma. Andavano anche al Psi".
E qualche pacco è arrivato a Pesaro?
"No, qui il Pci si autofinanziava in un altro modo, noto a tutti: volevi avere una licenza edilizia, versavi un’offerta al partito. E il permesso arrivava. Me lo diceva il bancario che dava il contante ai clienti sapendo il motivo. Ma nessuno del partito ha preso i soldi per sé. Ne sono sicuro".
(continua)