"Bastava poco per riaccendere la miccia"

Federico Pieri, ex gloria della Vuelle, lega presente e passato: "Coach Repesa ha restituito la passione a una città che non aspettava altro"

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Federico Pieri, si avverte in città che la passione per il basket è scoppiata di nuovo?

"Sapevo che bastava poco, il fuoco era latente sotto la cenere: serviva qualcuno che riuscisse a riaccendeva la miccia e quel qualcuno è Jasmin Repesa. Si percepisce la mano del coach anche a livello psicologico, l’emblema è Drell che sembrava disperso mentre oggi sa cosa deve fare e ha preso fiducia". Quanto conta averla?

"E’ tutto per un atleta, ti dà tranquillità perché sai quello che devi fare. Questo fece Bianchini con me. Oltretutto Valerio aveva un sesto senso, già dal riscaldamento capiva chi era più in palla o meno quel giorno e sapeva sfruttarlo. Oggi mi rivedo in Tambone, che parte dalla difesa e da questo sacrificio per la squadra trova poi i suoi spazi anche in attacco".

Finalmente degli italiani significativi nella Vuelle...

"Bella storia quella di Zanotti, arrivato dalla B alla Nazionale. Mentre i due argentini hanno esperienza, carattere e soprattutto hanno ancora voglia. Così chi sta in quel contesto, anche se più acerbo, può rendere bene. Come capitò a me - ricorda -: in mezzo a grandi giocatori è meno probabile sfigurare. Quest’anno nessuno chiede a Drell di togliere le castagne dal fuoco, è questa la differenza".

Piaciute le Final Eight?

"Un sacco. Sembravano dei cani rabbiosi ed è quello di cui aveva bisogno la gente di Pesaro. Li guardavi e dicevi: questi non mollano, questi lo fanno lo scherzetto. E il coach se lo sentiva, alla vigilia l’aveva detto: farlo due volte di seguito è stato spettacolare".

I pesaresi hanno sempre pagato la pressione di giocare nella propria città, Federico no: come vincevi la pressione?

"Un’ora e mezza prima della palla a due entravi in campo a fare due tiri e c’era già la gente che fremeva sugli spalti. Per me era una goduria, io mi caricavo sapendo che spesso mi avrebbero dato da marcare l’avversario più pericoloso".

Domenica il tuo amico Calbini debutta in serie A: che gli diciamo?

"Faccio un grande in bocca al lupo a Paolo: sono curioso e provo anche una sana invidia per l’esperienza che sta facendo al fianco di un santone di quella caratura. La stessa che fece il mio vice allenatore al Panionios a fianco di Obradovic. Oggi Itoudis allena il Cska".

Ci racconti come andò quella volta tra te e Danilovic?

"C’era di mezzo una vicenda personale e a me fece gioco. Io ero incazzato quindi la mia durezza difensiva era giustificabile, lui era nervoso per la situazione. La gente si divertì, credo...". Oggi sei molto meno bellicoso, nel tuo frutta e verdura a Pantano...

"L’ho rilevato sei anni fa con mia moglie Daniela, ma questo è un negozio storico di quartiere, aperto dal 1950. Gli abbiamo dato una connotazione un po’ più personale, con colori affini a quello che trattiamo. Da due anni abbiamo lanciato l’idea di una casettina di frutta e verdura di stagione, che consegnamo anche a domicilio. Mi piace far capire alla clientela giovane che cosa è fresco, raccolto il giorno prima".

Come nasce quest’attitudine?

"La campagna mi ha sempre attirato, mio padre è di Montelabbate, mia madre di Monteciccardo: ogni volta che si andava a trovare i nonni mi piaceva stare nell’orto con loro. Quando ho smesso di giocare ho iniziato a frequentare aziende agricole di amici di famiglia e poi sono passato al commerciale. Ci ho sempre tenuto a mangiare sano, nei miei 22 anni di carriera professionistica ho sempre curato l’alimentazione, anche perché quando giochi fino a 40 anni non vuoi essere meno efficiente dei più giovani".

Il tuo consiglio?

"Nella dieta giornaliera l’energia arriva da frutta, verdura, legumi e cereali integrali. Poi meno carne e più pesce, pochi latticini. Così stavo e sto in forma".

Elisabetta Ferri