Aborto con farmaco, in due a processo

Morto bambino dopo 48 ore di vita: la procura ha chiesto il processo per un medico faentino e per una giovane paziente

Alla 24esima settimana il bimbo fu abortito grazie a un farmaco: medico e giovane paziente

Alla 24esima settimana il bimbo fu abortito grazie a un farmaco: medico e giovane paziente

Ravenna, 22 gennaio 2020 - La bilancia aveva solleticato il mezzo chilo senza che l’ago nemmeno vi arrivasse. Quel bimbo, nato insomma decisamente prematuro, era morto dopo appena 48 ore di vita. Tutta colpa del Cytotec, un farmaco capace di indurre il travaglio. Per quanto accaduto a Faenza a inizio agosto 2018, la procura ha chiesto il rinvio a giudizio sia di un medico di famiglia ultra-sessantenne che di una giovane poco più che ventenne di origine straniera.

Nell’udienza preliminare che si aprirà a metà febbraio davanti al gup Sabrina Bosi, dovranno entrambi rispondere di morte come conseguenza di altro reato: ovvero l’avere violato la legge che definisce le modalità di interruzione volontaria della gravidanza (la celeberrima 194 del 1978). In particolare al medico manfredo, difeso dall’avvocato Pier Paolo Tassani, viene contestata la prescrizione del farmaco in questione. E alla giovane, tutelata dall’avvocato Giorgio Vantaggiato, la conseguente assunzione volontaria alla 24esima settimana proprio per arrivare all’aborto. La specifica legge consente l’interruzione della gravidanza solo in una struttura adeguata (ospedale o clinica convenzionata) ed entro i primi 90 giorni di gestazione o entro la 22esima settimana ma solo per motivi di natura terapeutica. Nel caso in questione, la ragazza si trovava insomma già oltre ogni scenario temporale previsto dalla norma.

Secondo le indagini coordinate dal pm Angela Scorza, è per questo motivo che, dopo il consiglio di un’amica circa l’uso del Cytotec, il primo di agosto, assieme a una familiare, la giovane si era recata all’ambulatorio del suo medico con quella richiesta in testa. Qualche giorno dopo si era presentata in ospedale per partorire quel bimbo troppo prematuro e per questo morto il 5. Il ginecologo di turno aveva però individuato quattro pillole inserite nell’apparato genitale della giovane: di Cytotec appunto.

Dalla conseguente segnalazione in procura, era emerso che il bimbo era frutto di una relazione clandestina (un parente se ne era poi assunto la paternità) e che la madre, dopo una caduta dalle scale, credeva d’averlo perso.

A suo tempo il difensore del medico, attraverso specifica memoria, aveva chiesto l’archiviazione della posizione del proprio assistito specificando che la ragazza – come lei avrebbe ammesso a verbale – aveva chiesto il farmaco in questione per un mal di stomaco visto che l’effetto principale del Cytotec è proprio questo: proteggere la mucosa da sostanze che possano provocare lesioni.