Auguri di morte a Cagnoni Il Gip: non è diffamazione

Archiviata la querela che l’ex medico, condannato all’ergastolo per il delitto della 39enne moglie Giulia Ballestri, aveva fatto a sei utenti facebook

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"Gli fanno pure il processo a questo uomo crudele?". E ancora: "Lui è medico e deve essere radiato dai pubblici uffici", "fatti anche vedere infame". E qualcuno si era spinto addirittura oltre, augurandogli la morte: "C’è anche bisogno che lo processino?". "Ammazzatelo con una fiala di cianuro", "Vigliacco assassino, deve marcire in galera". E via di questo tenore. Una pioggia di insulti, piovuti su Matteo Cagnoni da parte del popolo di facebook, che tuttavia per il Tribunale non hanno contenuto diffamatorio. Lo ha deciso ieri mattina il Gip Janos Barlotti, che ha accolto la richiesta di archiviazione del Pm Marilù Gattelli rigettando l’opposizione alla stessa richiesta presentata dalla difesa con l’avvocato Giovanni Medri.

A mettere nero su bianco quelle frasi comunque sconvenienti erano stati sei utenti facebook, quando ancora non era arrivata la sentenza definitiva. Alcuni degli indagati - un solo ravennate, gli altri di diverse province italiane, tre uomini e altrettante donne – erano difesi dagli avvocati Maria Giulia Tarroni, Filippo Bianchini, Massimo Pleiadi e Katia Dalle Tasse. Secondo il giudice "le offese proferite dagli indagati all’indirizzo della parte offesa non sono punibili poiché la verità del fatto è stata accertata con sentenza divenuta irrevocabile". Mentre "le modalità utilizzate – frasi su facebook – non legittimano la diffamazione tenuto conto del linguaggio utilizzato". Lo stesso Pm Gattelli aveva chiesto l’archiviazione riconducendo quelle frasi "alla volontà di esprimere liberamente il proprio pensiero e di esercitare il diritto di critica, mentre non emerge la prova che con dette espressioni gli indagati volessero con coscienza e volontà offendere la reputazione della persona offesa".

La difesa di Cagnoni si era opposta alla richiesta di archiviazione. "Si desume che la volontà degli indagati – sosteneva l’avvocato Medri – fosse palesemente quella di offendere, quale loro reazione viscerale e punitiva. Nelle espressioni usate emergono il livore, la rabbia, lo spirito vendicativo, addirittura paventando un trattamento carcerario privilegiato del querelante. In sostanza un vero e proprio vaso di Pandora dal quale escono i peggiori sentimenti che albergano nell’animo di uomini e donne, espressi in termini aggressivi. augurando ogni genere di male. Che attinenza abbiano tali condotte con il diritto alla libera manifestazione del proprio pensiero non è dato comprendere". Infine, "fare rientrare tali riprovevoli condotte nell’ambito del diritto di manifestazione del pensiero comporta – a giudizio del legale difensore – quale logica conseguenza, quella di avallare condotte socialmente inaccettabili poiché frutto di mentalità becera e retriva".

Lorenzo Priviato