Capretto sgozzato durante il rito esoterico

A processo due cittadini brasiliani e un faentino, l’Enpa parte civile. Ignoti consegnarono in Commissariato la busta con il filmato

Migration

Un capretto brutalmente sgozzato. Un macabro rito che, nell’intenzione degli autori, avrebbe dovuto propiziare la benevolenza dei santi. Immagini cruente, quelle fissate da un filmato che uno dei partecipanti aveva realizzato. E che ora costituiscono materiale probatorio nel processo che vede imputati in concorso per maltrattamento e uccisione di animali due cittadini brasiliani di 29 e 40 anni, e un faentino di 53 anni. Gli accusati sono difesi dagli avvocati Nicola Laghi e Massimo Ricci Maccarini, mentre nel dibattimento aperto ieri davanti al giudice Antonella Guidomei si è costituito parte civile l’Enpa con l’avvocato Barbara Liverani.

I fatti risalgono a inizio febbraio 2020, quando nella buchetta della posta del Commissariato di Faenza fu lasciata una busta bianca con la scritta in stampatello “Reato grave, sacrificio di animali in palazzina Borgo San Rocco“. All’interno vi era un Dvd nel quale era memorizzato un filmato della durata di circa cinque minuti, che mostrava l’uccisione di un capretto mediante il taglio dei vasi sanguigni del collo, nel corso di quello che pareva un rito propiziatorio. L’animale, che belava e si dimenava, veniva trattenuto da due persone mentre un terzo uomo, che indossava un copricapo, incideva la carne con un coltello recitando ad alta voce frasi in una lingua straniera. Il sangue fuoriuscito dal mammifero veniva poi raccolto in due ciotole posizionate a terra. Il capretto era quindi morto dopo alcuni minuti di agonia.

Il filmato venne subito analizzato dalla Polizia scientifica, che ne ricavò un fascicolo fotografico. E in simultanea i poliziotti programmarono un sopralluogo nelle palazzine indicate sulla busta, abitate esclusivamente da cittadini stranieri. Dalle prime verifiche emerse che uno degli alloggi al primo piano era abitato da un 40enne cittadino brasiliano, che corrispondeva alla persona ritratta nel video. Anche i locali e le suppellettili presenti nelle riprese video erano rispondenti ai luoghi oggetto delle verifiche. Portato in Commissariato, il sospettato disse che aveva intenzione di presentare domanda di protezione internazionale. Poi, rispondendo alle domande sull’episodio contestato, riferì che il video riguardava un rito di religione ’Umbanda’, effettuato all’interno della sua abitazione in onore dei santi cattolici per l’elargizione di fortuna e bene. Lo stesso, inoltre, fornì i nomi e recapiti degli altri due partecipanti, un connazionale (colui che aveva realizzato il video) e un italiano. I tre, oggi imputati, furono denunciati a piede libero. L’animale sacrificato, spiegarono, era stato poi cucinato e mangiato, come richiederebbe il rito stesso.

Lorenzo Priviato