
Nella sostanza soltanto il 10% di droga pura
Ravenna, 28 giugno 2017 - A soli 32 anni era morta di overdose. Per quanto accaduto la sera del 9 ottobre 2015 in un appartamento alle porte del centro, un amico della ragazza accusato di averle iniettato la dose letale indicando poi un altro giovane come colui che aveva portato a casa sua l’eroina, ha patteggiato 4 anni e 8 mesi di carcere per omicidio preterintenzionale e calunnia. Si tratta di Mirko Marangon, 31enne ravennate difeso dall’avvocato Nicola Laghi e ora ai domiciliari in comunità.
Sempre ieri mattina il 43enne ravennate Andrea Boldrini detto ‘Bolla’ e accusato di avere fornito quello stesso pomeriggio per 35 euro la dose di eroina thailandese (circa un grammo e mezzo) che aveva ammazzato la 32enne, al termine del rito abbreviato è stato condannato a 2 anni e 4 mesi di carcere per spaccio.
Per lui la procura aveva chiesto 6 anni: ma, come sostenuto dalla difesa (avvocato Carlo Benini), il gup Rossella Materia ha escluso il reato di morte come conseguenza di altro reato. Nell’ambito della stessa vicenda, la 40enne faentina Valentina Giacconi con l’avvocato Francesco Papiani ha patteggiato nove mesi (con pena sospesa) per favoreggiamento per via di talune ricostruzioni dei fatti ritenute elusive. Infine il 33enne Filippo Drei di Russi, difeso dall’avvocato Filippo Bianchini, è stato rinviato a giudizio con l’accusa di spaccio. Per lui processo al via il 15 novembre.
Quel venerdì l’allarme era stato dato attorno alle 19.30: poco dopo i carabinieri avevano trovato la ragazza ormai esanime distesa su un letto. Nell'appartamento, della famiglia del 31enne, oltre al giovane c’erano anche un 39enne ravennate e la 40enne faentina. I risultati della successiva autopsia non avevano lasciato dubbi: la ragazza era morta per «insufficienza cardiorespiratoria acuta da assunzione di eroina e cocaina a scopo voluttario».
Lì su due piedi non era assolutamente chiaro chi avesse portato la droga e come fosse finita nel braccio della defunta, tanto più che le dichiarazioni in merito non avevano convinto gli inquirenti. La scintilla per la ricostruzione accusatoria definitiva, era arrivata quando il 39enne, di nuovo interrogato, aveva riferito che era stato Marangon a iniettare l’eroina perché – si legge in un’ordinanza del gip – la 32enne «aveva dei problemi a farsi da sola». La giovane in quel momento era seduta sul letto e insisteva affinché il 31enne le iniettasse tutta la dose: «Rimase seduta per alcuni minuti e poi notammo che perse i sensi». In questa direzione erano andate pure le dichiarazioni del padre dell’accusato che, sentito dai carabinieri, aveva riferito una confidenza fattagli dal figlio due settimane prima in un momento di rimorso.
a.col.