"Di notte sogno ancora quei fari. E l’auto che mi viene addosso"

Ieri in tribunale la deposizione di Daniel Panarace, investito il 22 novembre 2021 dopo un diverbio stradale

Daniel Panarace, investito il 22 novembre 2021 dopo un diverbio stradale

Daniel Panarace, investito il 22 novembre 2021 dopo un diverbio stradale

Ravenna, 5 ottobre 2022 - "Di notte ancora sogno quei fanali che mi puntano. Quando l’auto mi era arrivata addosso, d’istinto mi ero riparato con il lato sinistro del corpo: ricordo di essere saltato sul cofano, di avere perso i sensi e di essermi risvegliato a terra. E poi di avere nuovamente perso i sensi e di essermi risvegliato in ambulanza mentre un infermiere mi tagliava giubbotto e maglia".

Daniel Panarace, nato a Ravenna 40 anni fa, è uno dei protagonisti di questa incredibile vicenda: una banalissima lite stradale trasformatasi, secondo l’accusa, in un tentato omicidio. È stato lui stesso ieri mattina davanti al collegio penale del tribunale presieduto dal giudice Cecilia Calandra e al pm Antonio Vincenzo Bartolozzi a ripercorrere quanto accaduto all’alba del 22 novembre scorso mentre si trovava al volante della sua Fiat 500.

"Saranno state le 6.30 e come sempre faccio, stavo andando a lavorare per la compagnia portuale – ha esordito in aula –. La mia officina è al porto. A un certo punto su viale Mattei, noto un’auto procedere dietro di me a elevata velocità: mi sorpassa tagliandomi la strada; e allora lampeggio e dico qualcosa come ‘ve sto scemo’". Su quella vettura, una Opel Meriva, c’era l’imputato: "Lui inchioda come per farsi tamponare, poi riparte e inchioda ancora: decido allora di stargli a debita distanza e continuo il mio percorso". La situazione conosce una svolta poco dopo su via Trieste: "All’altezza della sede della Micoperi noto la Opel che sta viaggiando vicino al ciglio della strada a velocità ridotta. Non avevo intenzione di discutere: e così quando lui accenna a fermarsi su una piazzola, io vado per sorpassarlo ma lui mi taglia la strada e mi costringe a entrare appaiato in un distributore" della zona. A quel punto "mi sono posizionato sulla corsia tre; invece la Opel è passata credo dalla prima. Ho deciso di scendere dall’auto: ero impaurito, volevo prendere la targa per denunciarlo. Pensavo fosse ubriaco o mi avesse magari scambiato per qualcun altro".

Di lì a breve la vicenda ha trovato il suo epilogo: "Quando sono sceso, ho fatto giusto un paio di metri verso la Opel e mi sono fermato in corsia due sotto alla tettoia. Eravamo a 20-30 metri di distanza in diagonale. Lui è ripartito verso il lato Marina: non ho fatto in tempo a fare un gesto per mandarlo a quel paese che ho visto che faceva inversione a U. Ricordo il fischio delle gomme quando ha fatto la sterzata: mi sembrava un film. Ho pensato che volesse uscire da un altro lato del distributore e invece in una frazione di secondo ho visto i due fanali che mi puntavano, io ero al centro. Non c’era nessuno attorno. Sono rimasto pietrificato, fermo lì dov’ero". In quanto all’altro uomo, "non è mai sceso dall’auto e non l’ho mai visto in faccia: la prima volta l’ho visto in udienza, me lo ha indicato il mio legale", l’avvocato Giovanni Scudellari che tutela il 40enne assieme alla collega Eleonora Raggi.

La tappa successiva al distributore, era stata quella del Bufalini dove gli avevano diagnosticato diverse fratture: "Ho ancora problemi a una spalla tanto che l’ultima risonanza risale a poco tempo fa". Inevitabili le ripercussioni sul lavoro: "Sono rientrato il 21 aprile", cioè cinque mesi dopo. E non senza conseguenze: "Sono responsabile mezzi, salgo e scendo dalle navi: ora devo avere sempre un collega di fianco che mi assista".