Ravenna, caso Daniela Poggiali. "Nessuna iniezione letale di potassio"

Le motivazioni della sentenza di assoluzione che ha ribaltato l’ergastolo. La Corte: infermiera scaltra ma innocente

FELICE Daniela Poggiali (LaPresse)

FELICE Daniela Poggiali (LaPresse)

Ravenna, 2 settembre 2017 - Togliete il potassio da questa storia: eliminate le certezze sul metodo scientifico che aveva consentito di determinare le concentrazioni del letale farmaco nei bulbi oculari della defunta paziente; togliete anche il deflussore sequestrato dai rifiuti opedalieri.

E poi aggiungete una possibile causa di morte naturale, tipo «scompenso glicemico», per la 78enne Rosa Calderoni deceduta l’8 aprile 2014 a poche ore dal ricovero all’ospedale ‘Umberto I’ di Lugo. E anche voi arriverete alle medesime conclusioni espresse nelle motivazioni, appena depositate, della sentenza con la quale nel luglio scorso la Corte d’Assise d’Appello di Bologna ha assolto l’infermiera Daniela Poggiali annullando l’ergastolo inflitto in primo grado e restituendo clamorosamente alla 44enne la libertà.

Non sono certo tenere le parole usate verso l’allora infermiera Ausl descritta come «persona per certi versi disturbata, capace di condotte riprovevoli o di mentire, ma nel contempo scaltra e pronta». E tuttavia sul fatto che possa avere ucciso in corsia, non ci sono solo «dubbi ragionevoli», scrive il giudice estensore Piero Messini D’Agostini.

Ma «la sua innocenza è di gran lunga l’ipotesi più aderente ai fatti accertati nei due gradi di giudizio».

Il primo degli elementi dell’accusa a capitolare sotto la penna del giudice, perché definito frutto di «indagini fai da te del personale ospedaliero», è il deflussore attribuito alla paziente e al cui interno era stata isolata una concentrazione di potassio molto alta.

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