"Fin da adolescente la scrittura come terapia"

Il lughese Pirazzini, dopo ’I grandi viaggiatori’, sta preparando un altro libro: "È la storia di un cinquantenne che si rifà una vita a Parigi"

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Dalla ’Gattoterapia’, edito nel 2016, a ’I grandi viaggiatori che hanno cambiato la storia del mondo’, uscito nel giugno scorso. Le ultime fatiche letterarie del lughese Giorgio Pirazzini, ma francese di adozione, spaziano fra generi diversi. A breve vedrà la luce un nuovo libro, quasi terminato, che chiama in causa le sue origini. "È l’avventura di un professore lughese che viene additato come portajella dai suoi studenti – racconta –. La situazione degenera in una vera e propria persecuzione fino a quando il professore decide di fare perdere le proprie tracce e si trasferisce a Parigi sotto falso nome. Affittando una stanzetta a Montmartre, si rifà una vita, con amici nuovi, un amore inaspettato e un lavoro che lo diverte. Una seconda opportunità, a cinquant’anni, per ritrovare se stesso".

Dal 2007 Pirazzini, classe 1977, vive a Parigi. "Vivevo da tre anni a Londra ma, dopo una fortissima infatuazione iniziale, il fascino della capitale inglese era scemato, più che altro per colpa del tempo atmosferico ma anche per la mancanza di una vita più dolce, più edonista – spiega –. A Londra era tutto frenetico, la gente correva sulle scale mobili e beveva il caffè in bicchieri di plastica marciando verso l’ufficio. Non faceva per me e quando nell’agenzia di comunicazione dove lavoravo arrivò l’occasione di trasferirsi a Parigi mi ci buttai". La passione per la scrittura ha origini molto più lontane, ai tempi della scuola. "Chissà come posso definire ’il mio primo libro’ – continua –. È una definizione che sembra inequivocabile e invece è a mia discrezione, perché l’ho scritto a 14 anni, una specie di saggio umoristico sulla scuola e a quello sono seguiti almeno altri due romanzi entro i vent’anni. Ovviamente sono tutti inediti anche se li conservo. Il mio primo libro edito uscì per una casa editrice di Faenza, ma è fuori commercio. E invece il mio ’vero’ primo libro è un’ horror, una storia breve e claustrofobica in cui un gruppo di sadici si divertono a catturare gente per la strada per il gusto di chiuderli dentro una valigia, a lasciarli morire schiacciati lungo due o tre giorni agonizzanti. L’ispirazione mi è venuta a stare chiuso in un ufficio con persone che detestavo, e almeno così mi sfogavo con gioia. Scrivere per me è una sorta di terapia. Quando lo faccio butto dentro l’inconscio mescolandolo con sogni e con decisioni razionali. Quello che ne esce mi dice molto di quello che sono, e me ne accorgo solo dopo".

La storia venne opzionata ben due volte da due case di produzione cinematografiche per farci un film, ma il progetto non proseguì. "Ancora oggi quando lo riprendo in mano – confessa –, mi stupisco io stesso di avere scritto una storia così spaventosa". L’ultima fatica, dal titolo ’I grandi viaggiatori che hanno cambiato la storia del mondo’, non parla solo di grandi avventure. "Volevo una storia che risuonasse nei secoli e avesse delle ripercussioni per il mondo intero – sottolinea –. Forse Colombo e San Paolo sono gli esempi più calzanti: non sono stati viaggiatori a tutto tondo, curiosi del mondo attorno a loro. Avevano piuttosto un obiettivo. Il loro viaggio era una missione precisa: il resto era superfluo. Volevo persone che non facevano solo un viaggio, ma che al loro ritorno, modellavano il mondo".

Monia Savioli