Franco Gàbici e le storie della Bisanzio di Romagna

Stasera lo storico ravennate presenta il suo ultimo libro alla sala D’Attorre "Il mio obiettivo? Mantenere vivo un certo tipo di memoria". L’incontro è alle 18

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‘Ravenna curiosa. Storia e storie, donne e uomini della Bisanzio di Romagna’ è il nuovo libro del giornalista e storico ravennate Franco Gabici, edito da Il Ponte Vecchio. Fa seguito a ‘C’era una volta… a Ravenna’ dello scorso anno, di cui ha lo stesso obiettivo: salvare dalla voracità del tempo quella microstoria che spesso sopravvive solo nella tradizione orale e che rischia poi di disperdersi. Il libro sarà presentato tasera alle 18 alla sala D’Attorre di via Ponte Marino 2, nell’ambito del ciclo d’incontri letterali del Centro Relazioni Culturali. L’autore dialogherà con Anna De Lutiis.

Gabici, in cosa si differenzia il libro rispetto al precedente?

"Quest’anno ho deciso di allargare un po’ il campo d’azione. Non mi sono quindi limitato a Ravenna, mi sono spinto anche verso Faenza e altre località della Romagna. Ma sempre con l’obiettivo di mantenere viva un certo tipo di memoria che ha la sua dignità e che rappresenta l’anima più profonda di ciò che siamo ed è fondamentale per capire il sentire di un popolo".

Nel dare voce a tanti personaggi che rischierebbero di cadere nell’oblio, quali fonti ha utilizzato?

"Ho la fortuna di poter attingere dai numerosi articoli usciti in questi anni nei giornali per cui collaboro, in primis ‘Il Resto del Carlino’, che la gente ha dimostrato di apprezzare. D’altra parte sono stati proprio i lettori a stimolarmi a riordinare i materiali per farne un libro. Spesso i miei pezzi sono legati a un evento o a un anniversario, per cui ho dovuto in gran parte riadattarli".

Tra le tante microstorie riportate, ce n’è una che preferisce?

"Da grande appassionato di musica leggera degli anni Cinquanta e Sessanta, mi piace particolarmente quella raccontata nel paragrafo ‘Umberto Bindi e Il nostro concerto’. Pochi infatti sanno che Faenza è stata la culla di una delle più belle canzoni di quegli anni: ‘Il nostro concerto’ che Bindi si inventò mentre era solo dentro il teatro Masini, in attesa di esibirsi. La penombra di quel teatro settecentesco gli diede lo stimolo per comporre una canzone fuori dagli schemi, di ben sei minuti, che oggi tutti conosciamo".

Si va indietro nel passato ma anche a quello più recente…

"Sì. Non ho potuto fare a meno di citare anche alcune figure a me care, ad amici di cui avverto la mancanza e che hanno dato molto alla città, come don monsignor Tonini, don Ugo Salvatori ed Ennio Dirani, che ho avuto la fortuna di incrociare nella mia vita".

Il libro contiene anche la dedica suoi due lettori speciali. Vuole spiegarle?

"La prima è al dottor Silvano Rosetti, morto a più di novant’anni quest’estate, che mi diceva sempre: ’Quando prendo il Resto del Carlino, vado subito a cercare i tuoi articoli!"’ Il secondo è Giuseppe (Beppe) Pazzi, un amico d’infanzia che avevo perso di vista. Da conoscenti comuni, ho saputo che continuava a leggere i miei articoli, orgoglioso di essermi stato amico".

Roberta Bezzi