Giovane suicida in carcere. Processo allo psichiatra

Ieri la prima udienza, subito aggiornata ad aprile, per l’accusa di omicidio colposo a uno specialista che avrebbe sottostimato lo stato di un detenuto.

Giovane suicida in carcere. Processo allo psichiatra

Giovane suicida in carcere. Processo allo psichiatra

È iniziato ieri, sebbene subito aggiornato ad aprile per ragioni formali, il processo che vede alla sbarra per omicidio colposo un 66enne, psichiatra del carcere di Ravenna, in relazione al suicidio di un giovane detenuto. Era il 16 settembre 2019 quando le guardie trovarono il 23enne Giuseppe Defilippo impiccato a un cappio rudimentale. Dell’iniziale procedimento per istigazione al suicidio, a carico di ignoti, fu chiesta l’archiviazione. Ma la madre, Elisabetta Corradino, non si era mai rassegnata a quel tragico epilogo, convinta del fatto che le richieste di aiuto del figlio fossero rimaste inascoltate.

A novembre 2022 il caso era stato riaperto e il Gup Andrea Galanti, accogliendo la richiesta dalla Procura, aveva rinviato a giudizio il professionista, tutelato dagli avvocati Guido Maffuccini e Delia Fornaro. La famiglia del 23enne si è costituita parte civile con la tutela dell’avvocato forlivese Marco Catalano, che aveva ottenuto l’autorizzazione dal giudice a citare come responsabile civile l’Ausl e l’assicurazione dello specialista. La psichiatra, consulente esterno della casa circondariale e accreditato come medico Ausl, secondo l’accusa nel corso dell’ultima visita medica del giovane detenuto ne avrebbe considerato lo stato clinico al di sotto delle tematiche autolesive depressive, abbassando il rischio suicidiario dal livello medio a lieve, con contestuale revoca della necessaria sorveglianza, favorendo in questo modo il tragico epilogo. La famiglia, di origini calabresi, ha abitato a Cervia per 23 anni. Dopo la morte di Giuseppe i genitori sono tornati a Catanzaro. In seguito all’iniziale richiesta di archiviazione, Elisabetta Corradino aveva chiesto ulteriori verifiche, allegando documentazione medica in baso alla quale i campanelli d’allarme per capire la gravità della situazione si erano ampiamente manifestati. Giuseppe, in carcere, era finito per un’accusa di furto, cui si era aggiunta quella di stalking da parte della ex fidanzata.

Era in attesa della risposta di una comunità di recupero di Marradi, ma dopo meno di un mese dall’inizio della detenzione fu trovato impiccato. In uno scritto pensato come testo di una canzone, il giovane aveva manifestato tanto disagio. Nel testo poneva in evidenza tutta la propria sofferenza per la detenzione in cella, l’amore che provava per la ex compagna e il timore di non avere un futuro. All’udienza fissata ad aprile le parti faranno le prime richiesta di prova e di ammissione dei testimoni.

l. p.