"Giusto togliere la concessione del porto"

Il consiglio di Stato ha ribadito l’esclusione della Marina di Cervia srl la quale aveva chiesto la revocazione della precedente sentenza

"Giusto togliere la concessione del porto"

"Giusto togliere la concessione del porto"

L’ultimo braccio di ferro tra Marina di Cervia srl e il Comune rivierasco sulla gestione del porto turistico cervese, si è giocato sui piani alti della giustizia amministrativa. Il consiglio di Stato si era già pronunciato l’anno scorso sulla questione dando ragione all’amministrazione locale. Questa volta però la richiesta era stata di revocazione, mezzo di impugnazione con cui si contesta una sentenza perché basata su presupposti errati. Ma la settima sezione della Corte romana, con sentenza pubblicata venerdì scorso, ha dichiarato il ricorso inammissibile condannando peraltro la srl a pagare 5.000 euro di spese di giudizio al Comune di Cervia.

Si partiva dalla sentenza con cui il consiglio di Stato, dopo averli riuniti, aveva respinto due appelli su altrettante sentenze sulla gestione del porto di Cervia (Tar di Bologna e di Roma) facendo così passare in giudicato tutte e due le sentenze. In buona sostanza Marina di Cervia , in qualità di concessionaria della costruzione e della gestione del porto turistico, aveva chiesto l’annullamento degli atti con i quali - si legge nella sentenza a firma del giudice Daniela Di Carlo - l’amministrazione comunale aveva prima approvato il regolamento dell’infrastruttura con ordinanza del 18 luglio 2012: la parte finita all’indice, era quella relativa agli obblighi di manutenzione. E poi aveva deciso per la decadenza della concessione per "plurimi inadempimenti".

E così era accaduto che il Tar di Roma avesse respinto il ricorso della srl giudicandolo infondato. E che il Tar di Bologna lo avesse dichiarato improcedibile perché altri giudici si erano già pronunciato sul caso.

A questo punto i tempi sono maturi per introdurre la questione che, secondo la srl, avrebbe dovuto portare alla revocazione della sentenza: il giudice d’appello non aveva correttamente separato due atti distinti e autonomi decidendo su un "errore di fatto immediatamente percepibile e decisivo". E cioè - sempre secondo il ricorso - era stata confusa la concessione di gestione del porto del 1986 con il testo della convezione del 1976 per la navigabilità del canale.

Secondo il giudici romani tuttavia un errore che può portare a revocazione di una sentenza, "deriva da un’errata percezione del contenuto degli atti" che, come tale, abbia indotto la Corte "a decidere sulla base di un falso presupposto". Ma nel nostro caso, nulla di tutto cioè era accaduto: nocciolo della controversia risiedeva proprio nel fatto che la violazione della convezione del 1976 potesse essere considerata anche violazione della gestione del porto. E quindi "nessun errore può ravvisarsi nelle decisione" presa in appello: i giudici avevano anzi "esattemente percepito il contenuto dei due atti" ritenendo che tra "gli obblighi inerenti alla concessione di costruzione e gestione del porto di Cervia, la concessionaria avesse assunto anche quello di assicurare la navigabilità del portocanale oggetto della convenzione del 1976" con il Comune.

Questo rimanda alla precedente sentenza secondo cui tra gli obblighi legati alla concessione del porto turistico di Cervia, c’è anche quello di "assicurare la navigabilità del tratto di porto-canale" al centro della convenzione stipulata 48 anni fa con l’amministrazione locale. E "l’inadempimento a tale obbligo", porta a una conclusione netta: "La legittimità della decadenza".

Andrea Colombari