"I nostri suggerimenti inascoltati. Ecco le criticità delle ciclabili"

La Consulta della bicicletta di Faenza segnala piste che terminano nel nulla e altre che mancano "I casi sono molti e denotano l’assenza di una progettazione da parte del Comune".

"I nostri suggerimenti inascoltati. Ecco le criticità delle ciclabili"

"I nostri suggerimenti inascoltati. Ecco le criticità delle ciclabili"

"A che serve la Consulta della bicicletta se il Comune la ignora?". È un duro j’accuse quello che alcune delle realtà che fanno parte dell’organismo consultivo lanciano in direzione di Palazzo Manfredi, incolpato di procedere senza avere in mente una vera direzione quando si parla di piste e corsie ciclabili. I punti critici sono molti, a partire dai tanti attraversamenti ciclabili e pedonali non più segnalati perché della vernice sulla sede stradale non è rimasto nulla, per arrivare a quelle piste che semplicemente terminano nel nulla: vedesi quella all’intersezione fra corso Garibaldi e via Caldesi, che si spegne come un fuoco fatuo all’altezza di piazza Dante, vanificando l’utilità dell’unica vera infrastruttura ciclabile della città, e cioè il sottopassaggio di via Ravegnana.

"I casi sono molti e denotano l’assenza di una progettazione che abbia i ciclisti come target delle piste e delle corsie ciclabili – fa notare per Legambiente l’altrimenti compassato Giorgio Della Valle –. Il che è paradossale considerando che saranno loro a doversi muovere su quelle piste. Potrebbe apparire un’ovvietà, ma non lo è". Pure Alvaro Vanni, a capo dell’associazione Progetto Sicurezza, si dice perplesso sulla reale efficacia della Consulta della bicicletta. "Le attività di sensibilizzazione compiute nei confronti della cittadinanza, in particolare nelle scuole, rischiano di essere vanificate dall’assenza di infrastrutture ciclabili adeguate. I bambini che abitano in Borgo, il quartiere a più alta crescita abitativa della città, sono costretti a raggiungere le scuole pedalando su via Testi e via Fornarina a fianco delle auto". La pista ciclabile ci sarebbe, ma nessuno la usa perché stretta, invasa dalle foglie, colma di curve a gomito, utilizzata più dagli automobilisti come luogo in cui spalancare le portiere laterali. Alvaro Vanni è fra coloro che non hanno paura a pronunciare le fatidiche parole: "Sì, in alcuni punti dobbiamo riflettere sulla ‘città 30’. A Bologna dopo un paio di settimane la gente neppure se ne accorge più. Nei punti in cui la sicurezza è più critica occorre valutare anche quest’ipotesi". Quella di via Testi non l’unica pista "degna di un manuale su come non andrebbero costruite piste ciclabili – prosegue Della Valle –. Via Testi e via Fornarina rimangono un esempio insuperato e insuperabile di ciò che non andrebbe fatto, ma pure la pista realizzata in via Masaccio si presenta come un concentrato di stranezze. È stata progettata senza consultare i ciclisti, e si vede".

Più in generale, le associazioni che compongono la Consulta stanno cercando di "distogliere il Comune dall’avventurarsi in progetti faraonici utili più come spot elettorali che come veri servizi al cittadino come la pista tra Faenza e Castel Bolognese – proseguono i vari soggetti interpellati –. Se costruita a fianco della via Emilia, per giunta obbligando, come sembra, a degli attraversamenti della statale, sarebbe quanto di meno invitante si possa immaginare. Un collegamento ciclabile può avere più senso nelle campagne, lontano dal traffico, dove ci si mossa muovere senza respirare gas di scarico per interi chilometri. O, ancora meglio, si può scegliere di utilizzare quelle risorse per rammendare i vari strappi che solcano oggi la viabilità ciclabile cittadina".

Filippo Donati