FILIPPO DONATI
Cronaca

I segreti dei cacciatori di preferenze

Sveglia alle 6, banchetti al mercato, caffè e dibattiti: cinque candidati in consiglio comunale raccontano le loro strategie

A Ravenna si voterà il 25 e 26 maggio (repertorio)

A Ravenna si voterà il 25 e 26 maggio (repertorio)

La sveglia alle 6 del mattino, l’indice che scorre sull’agenda dei contatti, e poi una lunga maratona di telefonate, strette di mano, colazioni, caffè, incontri a tu per tu, cene alle ore più improbabili. L’ultimo mese di campagna elettorale è per i candidati consiglieri quello decisivo, in cui ogni istante con gli elettori può essere foriero di quella manciata di voti che sancisce l’ingresso in consiglio comunale. Fra il mezzo migliaio di candidati relativamente pochi sanno di avere chance: sono i cosiddetti ‘cacciatori di preferenze’, il cui organismo si è come sviluppato espressamente per le competizioni elettorali di questo tipo. "E’ faticoso ma anche molto divertente – confida Nevio Salimbeni, fondatore e capolista di Progetto Ravenna –. Si fa campagna elettorale all’alba, all’ora di pranzo, di sera, nel weekend. Al mercato di Mezzano sono arrivato col mio banchetto alle 7.30, l’ho montato e mi sono accorto che c’ero solo io. Perfino gli ambulanti sono arrivati solo mezz’ora dopo. In un’altra occasione incontro un conoscente, gli racconto della mia candidatura, e quando ormai credevo di aver guadagnato un elettore mi confessa che è candidato pure lui con un’altra lista". L’età? Non conta: due veterani come Giannantonio Mingozzi, Pri, e Gianfranco Spadoni, di Lista per Ravenna, rispettivamente alla dodicesima e alla nona elezione amministrativa, come candidati o quali semplici militanti, garantiscono come il profumo dei volantini elettorali freschi di stampa sia una sorta di elisir. "Mi torna in mente un nostro slogan di metà anni Settanta – rievoca Mingozzi –: ‘poche strade portano a Ravenna’, tema ahinoi ancora attuale. Allora ci si inventava di tutto: ricordo i comizi volanti, le improvvisate a Savarna. Oggi occorre essere più chirurgici: a chi mi chiede cosa ha fatto l’Edera per la nostra città rispondo con due numeri, cento e quattromila, e cioè il primo nucleo di iscritti a Scienze ambientali e il totale di chi oggi studia all’università a Ravenna".

Nei palazzi della politica circola una convinzione, secondo la quale i candidati sindaci avrebbero già da tempo un’idea del proprio peso elettorale, mentre invece i candidati consiglieri vagano in territori inesplorati battuti dal vento dell’astensionismo. "Alla mia prima elezione agguantai 1100 preferenze, cifra oggi utopistica – ricorda Spadoni –. Allora si tenevano incontri continui, oggi conta l’essere un punto di riferimento". Fra i più giovani prevale un approccio ibrido: "Dalle dirette Instagram ai volantini, circa mille – spiega la dem Francesca Impellizzeri –, fino alle chiacchierate nei bar di Marina, dove vivo. Il voto di preferenza non è uno scoglio fra l’elettorato più giovane; avere sempre in borsa un facsimile della scheda elettorale è comunque un buon rimedio". Le recenti elezioni regionali, che hanno visto a sinistra la mancata elezione di un consigliere ravennate – un inedito assoluto – hanno aumentato il livello di entropia del sistema. "Con questi tassi di partecipazione può succedere di tutto", confida Alberto Ancarani, il cui partito, Forza Italia, è un caso emblematico: dato per soccombente alcuni anni fa, è poi resuscitato in forma centrista, insinuandosi in pezzi di elettorato in cui prima non esisteva. "Questo rende tutto più complicato ma anche più interessante: il voto di preferenza è d’altronde il momento in cui l’elettore ha il massimo della libertà di scelta. La corsa alle preferenze è un test che tutti dovremmo fare: si scoprono i veri amici, la credibilità che ci si è costruiti".

Filippo Donati