Il killer di Ilenia indossava guanti doppi

Depositati i risultati dell’autopsia: Pierluigi Barbieri, reo confesso, non ha lasciato tracce biologiche avendo assunto protezioni

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Il sicario non ha lasciato nessuna traccia biologica indicativa né sulla scena del crimine né sull’auto della compagna usata per raggiungere la residenza della vittima in via Corbara a Faenza. Del resto, tra le altre cose, è ora emerso che quel giorno l’uomo indossava non uno ma due paia di guanti; e che sotto ai pantaloni aveva addirittura infilato una calzamaglia per non rischiare di lasciare tracce pilifere in giro. In quanto all’aggressione, le lesioni al collo hanno escluso uno strozzamento con le mani e hanno corroborato le ipotesi formulate a caldo: dopo il tentativo di soffocamento con un oggetto, il decesso è arrivato a causa di un profondo taglio al collo. Nell’ambito delle indagini per la morte di Ilenia Fabbri, la 46enne ammazzata nella sua abitazione il 6 febbraio scorso attorno alle 6, sono stati depositati sia i risultati dell’autopsia, affidata dal pm Angela Scorza ai medici legali Franco Tagliaro e Federica Bortolotti, che quelli delle analisi eseguite dalla polizia Scientifica di Roma nell’appartamento della donna e nella vettura in uso a Pierluigi Barbieri, alias lo Zingaro, il 53enne di origine cervese ma domiciliato nel Reggiano reo-confesso dell’omicidio e tutt’ora in carcere. Secondo i consulenti della procura, quella della 46enne è stata una "morte per emorragia da scannamento" legata alla "recisione dei vasi del collo" per una lunghezza di 17 centimetri. Lesione compatibile con quel coltello da cucina con lama in ceramica da 16-17 centimetri larga 2-3 recuperato nel lavello e maldestramente ripulito. La donna presentava inoltre varie ferite alla testa tra nuca, fronte e naso, tutte di alcuni centimetri compatibili una parte con l’uso di un oggetto contundente (il manico in teflon per martello da carpentiere che il 53enne ha ammesso di essersi portato appresso) e dall’altra con i colpi rimediati a causa di urti violenti "contro una superficie dura": vedi pareti, scale e pavimento. La donna presentava anche escoriazioni a gomiti, polsi e dorso delle mani: lesioni compatibili sia con un trascinamento violento che con disperati tentativi di ripararsi. Un quadro che ha finito con il rafforzare la credibilità delle confessioni del Barbieri, anche in merito agli ultimi dettagli usciti dall’esame autoptico: una frattura vasta in zona tiroidea compatibile con una "azione compressiva" molto forte. E si torna al manico del martello: secondo i coroner, con quello il Barbieri ha provato a soffocare la donna: e per riuscirci, con un ginocchio ha fatto leva sulla schiena della malcapitata tirandola a sé. Poi, per accelerare l’azione, ancora prima che lei morisse soffocata, si è risolto a usare il coltello in ceramica. Ciocche di capelli, tracce ematiche sparse e un orecchino staccato da un lobo, danno conto della violenta determinazione dell’assassino. Una determinazione talmente ben pianificata da non lasciare tracce sulla scena del crimine. Del resto nemmeno sul manico del martello, fatto ritrovare dal Barbieri nel campo adiacente all’A14 tra Faenza e Imola là dove lo aveva lanciato rincasando, erano state trovate tracce biologiche.

Andrea Colombari