L’esercito potrebbe dover rimanere a lungo in Romagna, ben oltre la fase più critica della risposta all’alluvione, quella insomma che sta vedendo i camion e i mezzi delle forze armate sgombrare la città dalle cataste di rifiuti accumulati lungo le strade. L’emergenza infatti durerà mesi, o forse di più, in particolare per quanto riguarda il tema legato alla presenza di frane, che ha l cambiato i connotati alla collina e alla montagna, isolando fra loro le tre vallate principali della provincia – quelle cioè del Senio e del Lamone, unite a quella del Marzeno, ravennate fino all’omonima frazione e successivamente parte del territorio di Forlì-Cesena, benché i due comuni di Modigliana e Tredozio gravitino per intero su Faenza in fatto di servizi.
Una situazione che vede travolta dalle difficoltà anche la Romagna toscana: i comuni di Marradi e Palazzuolo sono a lungo rimasti irraggiungibili da Brisighella e da Casola Valsenio. L’ipotesi che per arrivare là sia necessario passare da Bologna e Firenze, come sperimentato da alcuni cittadini che solo così hanno potuto raggiungere i parenti, è uno scenario da incubo che le amministrazioni comunali e gli abitanti non vogliono neppure prendere in considerazione. Ripristinare la viabilità non sarà per niente semplice: se anche dal governo, dalla Regione e dalla Ue dovessero essere dedicate alle viabilità appenninica piogge di finanziamenti, reperire il personale necessario per una simile mole di interventi – le frane sono centinaia, e non hanno risparmiato nessuna delle strade collinari e montane – appare un’impresa titanica.
I sindaci per il momento non si spingono a dichiarare che sulle strade occorrerà impiegare gli uomini dell’esercito, ma la direzione sembra tracciata: "È uno dei temi che troverà sulla sua scrivania il commissario straordinario non appena verrà nominato. Uno dei principali, sottolineo: la situazione delle strade collinari e montane è semplicemente drammatica", spiega Massimo Isola quale presidente dell’Unione della Romagna faentina. "Di certo non possiamo lasciare i comuni da soli ad occuparsi di una simile mole di interventi. Anche perché vorrebbe dire costringere le amministrazioni a chiedersi se sia davvero il caso di ripristinare alcune direttrici minori". Una domanda che le amministrazioni vorrebbero non doversi porre, ma che in alcuni casi, come quelli che hanno visto delle frane divorare non solo la carreggiata ma l’intero fianco di una montagna, potrebbe vederle con le spalle al muro. Il presidente della Città metropolitana di Bologna, il sindaco del capoluogo Matteo Lepore ha detto, riferendosi all’area di competenza che "la riflessione che va fatta è anche su cosa ha senso ripristinare, che tipo di interventi fare".
In alcuni punti occorrerà ricostruire il fianco della montagna – probabilmente servendosi di massi – in altri serviranno lunghi pali da ancorare alla roccia sottostante per poter ricostruire al di sopra il fianco della collina. Difficile infine immaginare operazioni in quei punti in cui paesaggio ha cambiato letteralmente i connotati, come al passo del Trebbio. Altrettanto prioritario è il tema dei ponti crollati: la loro ricostruzione potrebbe richiedere anni, col rischio di vedere intere frazioni o vallate laterali spopolarsi. Un ennesimo scenario angoscioso che potrebbe forse essere aggirato tramite la sistemazione di ponti ‘Bailey’: strutture ampiamente utilizzate che l’esercito potrebbe realizzare in tempi relativamente brevi.
Filippo Donati