"La Vena del Gesso, un patrimonio minacciato"

Nella Giornata internazionale della Terra, l’appello della Società Speleologica "Salvaguardiamo un bene dell’umanità dall’attività estrattiva intensiva"

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Nella Giornata Internazionale della Terra, dedicata quest’anno al ripristino degli ecosistemi terrestri, la Società Speleologica Italiana ieri ha lanciato un appello per la tutela della Vena del Gesso Romagnola, un paesaggio geologico unico, scrigno di biodiversità, attualmente candidato a diventare patrimonio Unesco ma anche gravemente minacciato dalla richiesta di un ulteriore ampliamento dell’attività estrattiva della cava di Monte Tondo, che negli ultimi decenni ha alterato le morfologie carsiche superficiali della peculiare catena montuosa costituita quasi interamente di gesso, deviandone irreparabilmente anche i sistemi idrogeologici sotterranei. Dal 2018, le Grotte e il carsismo evaporitico dell’Emilia-Romagna, per il loro eccezionale valore in ambito carsico, geologico, mineralogico, paleontologico, biologico, archeologico, sono candidati a diventare Patrimonio dell’Umanità, grazie all’iniziativa della Federazione speleologica Emilia Romagna e alla candidatura proposta dalla Regione, fortemente sostenuta anche dal Ministero dell’Ambiente. I sistemi carsici che compongono la Vena del Gesso hanno uno sviluppo complessivo di oltre 40 chilometri e si dipanano nei pressi dell’area di Monte Tondo. Tuttavia, la presenza della grande cava, polo unico estrattivo per il gesso in Emilia-Romagna e il più grande a livello europeo, rappresenta un limite e una minaccia non solo all’ambizione di diventare Patrimonio dell’Umanità, ma anche alla salvaguardia stessa del sito, visto che i proprietari della cava hanno richiesto l’ampliamento dell’area di estrazione oltre il limite consentito dall’ultimo piano regionale, che invece garantisce un periodo di attività fino al 2032, anno in cui l’estrazione dovrebbe cessare definitivamente.

"Nel corso dei decenni molte cavità di questo straordinario sistema carsico sono state intercettate e in parte distrutte o modificate dalle attività della cava di Monte Tondo, e una ulteriore espansione della cava renderebbe la situazione ambientale irreparabile – commenta Sergio Orsini, Presidente della Società Speleologica Italiana –. Non siamo insensibili alle necessità delle famiglie che dipendono da queste attività, ma gli anni che ci separano dalla chiusura della cava dovrebbero essere spesi per riconvertire l’attività produttiva e mitigare le conseguenze sociali e occupazionali, piuttosto che espandere ulteriormente l’area di estrazione. La candidatura a Patrimonio dell’Umanità è per questo una straordinaria opportunità per sviluppare progetti culturali e di turismo sostenibile che avrebbero il merito di salvaguardare questo sito unico, valorizzarlo e contemporaneamente portare un beneficio economico agli abitanti dell’area. Ma una cava in espansione ovviamente è incompatibile con un riconoscimento Unesco che ha requisiti e protocolli stringenti".