In questi giorni "u j è un buldèz che fa pipê", c’è una calura che fa boccheggiare e, "int e’ s-ciòp de chêld", nello scoppio del caldo, provoca una gran sete che un tempo veniva spiegata in modo colorito. Da "A j ò al tlarâgn in bóca" (Ho le ragnatele in bocca) o "A m’ dbiréb un fiôm" (Mi berrei un fiume) ed anche "A dbiréb int una pscóla" (Berrei in una pozzanghera) e "U m’ suda la lengva in bóca" (Mi suda la lingua in bocca). Che soddisfazione quando, presi dall’arsura, possiamo bere a una fontanella di acqua fresca "a zèmna pina", cioè con le due mani unite a formare una ciotola. E se si vuol far prima si può bere a garganella, mettendosi a bocca aperta sotto il getto "a póz sfond", come un pozzo sfondo.
CronacaL’arsura e la sete per il caldo