Lavoro a Ravenna, il ristoratore: "Chiudo fino a ottobre, non trovo cuochi"

Buscherini, titolare del Kolibrì a Savarna: "Sono troppo pochi, siamo costretti a ’rubarli’ agli altri locali. E d’estate lavorano tutti al mare"

Maurizio Buscherini (al centro) insieme ai suoi dipendenti (foto Corelli)

Maurizio Buscherini (al centro) insieme ai suoi dipendenti (foto Corelli)

Ravenna, 26 marzo 2022 - Prima le pesanti chiusure imposte dal Covid, ora la difficoltà a trovare personale. E allora c’è chi, nel mondo della ristorazione, ha scelto di prendere la più drastica delle decisioni: chiudere. È ciò che ha fatto Maurizio Buscherini, titolare del ristorante Kolibrì, a Savarna. Le porte del suo locale rimarranno chiuse "fino a ottobre", ossia fino al termine della stagione estiva.

Buscherini, perché ha scelto di chiudere? "Non riesco a trovare cuochi. So che è un problema comune a tanti locali: alcuni cercano di ’cavarsela’ in qualche modo, io ho preferito chiudere. Per me la ristorazione è una passione, se non riesco a garantire un buon servizio allora non ha senso stare aperto".

Da cosa dipende questa ’penuria’ di cuochi? "D’estate vanno tutti nei locali e negli stabilimenti della costa. E per noi, ristoranti dell’entroterra aperti tutto l’anno, non rimangono che le briciole. Tanti ormai fanno la stagione estiva, poi d’inverno tirano avanti con la disoccupazione, il reddito di cittadinanza e ’lavoretti’ saltuari. Bisogna tener presente che nel Ravennate i locali che offrono servizi di ristorazione raddoppiano d’estate, mentre il numero dei cuochi rimane lo stesso".

Quanti cuochi le servono? "A pieno regime ne impiegavo quattro, adesso mi accontenterei di tre. Tagliando il personale, però, si è poi costretti a ridurre le proposte del menu, soprattutto quelle che richiedono preparazioni complesse. E così si abbassa la qualità".

È una questione di stipendi troppo bassi? "Assolutamente no. Anzi, una volta i cuochi venivano pagati poco, ora invece hanno compensi fin troppo elevati perché non se ne trovano e noi ristoratori siamo costretti a ’rubarli’, a suon di stipendi più alti, agli altri locali. Chi lavora al Kolibrì viene pagato bene. E non sono mai io a fissare il compenso: di solito fanno loro il ’prezzo’".

E allora perché non si trovano cuochi? "La cucina non è il migliore dei lavori, lo ammetto. Non esistono orari, weekend o festivi. Chi fa il cuoco è spinto dalla passione. Ed è questo sentimento che va ’riacceso’ nei giovani".

Il Covid ha aggravat o la crisi? "Sono in questo mondo da 14 anni: la carenza di personale c’era anche prima, ma la pandemia ha ’accelerato’ le difficoltà della ristorazione. Tanti, spinti dalle incertezze del settore, hanno cambiato lavoro. Prima ricevevo pacchi di curricula, ora non si propone più nessuno".

Ha avuto problemi a trovare anche altre figure professionali? "L’anno scorso avevo i cuochi, ma mi mancava il personale di sala. Così mi son messo io a ’coprire’ i buchi. Ma è un problema che investe l’intero settore: dai lavapiatti ai sommelier, dai locali di montagna a quelli sul lago".

Cosa si può fare per ’invertire la rotta’? "Non sono un politico, non ho soluzioni pronte. Però credo si debba investire nella formazione. I fondi che vengono stanziati per la disoccupazione andrebbero usati per le borse di studio con cui far crescere i giovani. Non ha senso lamentarsi e dire ’non c’è personale’. Vanno cambiate subito le cose. O fra dieci anni non verrà più nessuno a mangiare nei nostri borghi".