L’ex 007 Marco Mancini: "Dalla Chiesa? Un maestro"

L’uomo che ha guidato il controspionaggio italiano al Mercato Coperto. Tanta curiosità per il suo libro ’Le regole del gioco’. "A Mosca è stata l’Isis".

Tanta curiosità - lo dimostrano le molte persone rimaste in piedi – per ascoltare l’ex numero uno del nostro controspionaggio, il ravennate Marco Mancini, che al Mercato Coperto ha presentato il suo libro ’Le Regole del Gioco’. Intanto chi è Mancini? La sua biografia racconta che è stato carabiniere dal 1979, ha fatto parte della Sezione speciale anticrimine di Milano fino al 1984. Agente segreto poi, ha partecipato alle più importanti azioni di controspionaggio del Sismi e dell’Aise a contrasto del terrorismo fino al 2014. È stato responsabile amministrativo al Dis per il comparto intelligence fino al luglio 2021. Intervistato dal giornalista Stefano Folli – "vedo qui tanti amici", ha esordito Mancini –, l’ex barba finta ha iniziato parlando dell’attentato al teatro Crocus di Mosca. "Inizialmente ho pensato che fosse qualcosa di interno. Anche nei servizi segreti russi c’è chi pensa che sia arrivato il momento di un ricambio al vertice. E poi il 20% dei russi, che si identificano in Navalny, vuole Putin morto. Ora penso invece che siano stati gli jihadisti. Ricordiamoci che in Siria Russia e Stati Uniti si sono alleati per distruggere l’Isis". Da qui la rappresaglia a Mosca. Era prevedibile quanto accaduto? "La Cia ha avvertito la Russia, i cui servizi segreti forse hanno sottovalutato questa informazione". Su Putin: "Con l’omicidio di Navalny ha sfidato il mondo intero: quest’uomo ha un coraggio spietato".

Tra le operazioni che Mancini ricorda con più orgoglio c’è l’aver sventato un attentato all’ambasciata italiana a Beirut (e ad altri obiettivo) nel 2004 grazie a uno straordinario lavoro di intelligence. "Il controspionaggio offensivo funziona quando previene. Nel caso di Walter Biot (l’ufficiale della Marina condannato a 20 anni per aver passato documenti riservati ai servizi russi, ndr) il controspionaggio si sarebbe dovuto presentare all’incontro con l’agente russo e reclutarlo". Mancini ha conosciuto da vicino anche i terroristi, di ogni colore. "Il generale Dalla Chiesa ci ha insegnato a infiltrarci e a conoscere come funzionavano le organizzazioni terroristiche. A Palermo aveva avuto una grande idea: infiltrare carabinieri nelle istituzioni - chi all’università, chi come geometra, chi come architetto - per sconfiggere così la mafia". Sappiamo tutti com’è andata.

Luca Bertaccini