"Licenziato perché discriminato" Il giudice reintegra il lavoratore

Secondo l’ordinanza tutto era legato all’attività dell’uomo nella Rsu della Cisl. Agli atti anche una mail perentoria ricevuta dal direttore di stabilimento dell’azienda

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Entrambi i licenziamenti hanno avuto "natura discriminatoria". Il tutto legato a una circostanza precisa: "Da quando, assunta la carica di Rsu", la rappresentanza sindacale unitaria, il lavoratore in questione "si occupava di svolgere la propria attività sindacale". E così l’uomo, oltre a essere subito reintegrato, dovrà essere risarcito con circa 4.000 euro mensili per il primo licenziamento fino alla riassunzione e con cinque mensilità per il secondo. Da ultimo l’azienda dovrà pagare poco più di 6.000 euro di spese di lite.

E’ quanto ha deciso il giudice del Lavoro Dario Bernardi attraverso un’ordinanza, appena depositata, con la quale ha accolto il ricorso (con rito Fornero) presentato da un 40enne in forza dal lontano febbraio 2007 alla Cray Valley Italia srl, nota azienda del settore chimico con sede in via Baiona, dal 2011 capo turno e nella Rsu della Cisl.

I due licenziamenti erano scattati nell’agosto scorso (7 e 9) ma, come ha annotato il giudice, tra il lavoratore e l’azienda c’era già stato un passaggio in tribunale risoltosi a favore del primo: il 29 marzo scorso sempre la sezione Lavoro aveva stabilito attraverso specifica sentenza che una sanzione di due giorni di sospensione inflitta al 40enne era "illegittima e quindi da annullarsi". In quel contesto l’uomo, tutelato dagli avvocati Elisa Salerno e Barbara Grassi, era stato pure demansionato per tre anni, pur senza "alcun danno patrimoniale"; e dopo essere stato reintegrato, tempo giusto alcuni mesi ed era stato licenziato per giusta causa.

In buona sostanza, secondo la sintesi offerta dal tribunale, il 6 luglio scorso durante una ispezione dell’autditor del gruppo, la Total Energies, il 40enne era stato notato "con la camicia trivalente completamente sbottonata, colletto alzato e petto nudo". Poco dopo il direttore di stabilimento lo aveva invitato a "chiudere la camicia sia per sicurezza - è ignifuga e anti-acido - che per decenza". Nella stessa occasione, erano state sollevate altre questione relative alla mancata disattivazione di un allarme sonoro.

Pochi giorni dopo era stato al 40enne contestato un ritardo di 35 minuti a inizio turno. Altre contestazioni erano giunte per l’uso del cellulare al lavoro e per assopimenti in turno. Secondo il giudice, il lavoratore conosceva bene l’uso dell’abbigliamento anti-infortunistica. In quanto "alla questione degli allarmi sonori, per come descritta, è del tutto sfornita di ogni profilo disciplinare". Circa il ritardo, per licenziare un dipendente il contratto nazionale "prevede ben altre assenze rispetto a mezz’ora circa". Per l’uso dei cellulari, esiste un regolamento interno. E quella dell’essersi addormentato, è una "contestazione del tutto generica" dato che non erano state indicate "quante volte né l’orario dei singoli episodi o la durata" posto che "un attimo di abbiocco può sicuramente capitare in un turno di notte".

Il giudice infine, nel tentare di spiegare l’origine della "natura discriminatoria" dei provvedimenti adottati, è tornato indietro fino al marzo 2017 quando il lavoratore, "quale Rsu, e il legale rappresentante" dell’azienda "entravano in fortissimo contrasto" sfociato in una mail netta: "Speravo fosse un pesce di aprile. Il comunicato è pieno di falsità e chi lo firmerà ne pagherà le ovvie conseguenze (...)". E ancora: "Basta solo attendere che un minimo di formazione dei nuovi ct sia formalizzata". Una situazione che, sempre per Bernardi, "si ebbe a realizzare con la sostituzione del ricorrente, demansionato, con un collega appena formato".

"Si tratta di una grandissima soddisfazione dal punto di vista del risultato per Femca Cisl", ha sottolineato Stefano Perazzini componente della segreteria territoriale del sindacato con competenza specifica per il petrochimico. In quanto al lavoratore, "era nostro Rsu: l’idea che sempre abbiamo avuto è che la genesi di tutto fosse proprio in tale aspetto e che l’azienda avesse intrapreso una battaglia contro di lui in maniera discriminatoria, come ha spiegato il giudice". Per questa ragione "per noi per è una grande vittoria oltre che un riconoscimento di giustizia per un lavoratore dalla condotta morale sempre integra".

Andrea Colombari