"Nessun accordo o privilegio agli ispettori"

In Tribunale parla il proprietario della Pousada, a processo per corruzione nell’ambito della maxi inchiesta contro la Dtl di Ravenna

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Nessun contatto diretto con l’ex capo dell’Ispettorato del lavoro, ispezioni mai concordate e sconti sui menù in linea con quelli accordati con gli altri frequentatori abituali. Emilio Tondini, 61 anni, patron della Pousada di Milano Marittima, è l’ultimo di una lunga lista di imprenditori del litorale – tutti tranne uno già condannati in abbreviato – a dover rispondere di corruzione nel contesto della maxi inchiesta contro Gianfranco Ferrara e Massimo Siviero, rispettivamente ex capo e funzionario dell’ispettorato del lavoro, entrambi a loro volta già condannati a 5 e 4 anni. Tondini – difeso dall’avvocato Massimo Martini – ha scelto un’altra linea, quella del processo pubblico. E ieri, davanti al tribunale collegiale – presidente Federica Lipovscek, a latere i giudici Beatrice Marini e Cristiano Coiro –, rispondendo alle domande al Pm Lucrezia Ciriello, il ristoratore ha raccontato la propria verità. Tondini, in particolare, ha fatto emergere due aspetti. Intanto che non c’è mai stato nessun contatto diretto tra lui e Ferrara, l’ex capo della Direzione territoriale lavoro, che dopo essergli stato presentato da Siviero aveva cominciato a frequentare il locale brasiliano a partire dalla primavera del 2015. Da subito il suo comportamento sarebbe stato emblematico del suo ruolo che sapeva di rivestire: "Veniva alla Pousada – ha detto Tondini – in abiti sgargianti, accompagnato da ragazzi, si faceva riservare il privé e a fine serata si alzava, se ne andava senza chiedere il conto né passare dalla cassa". Tondini era in cucina, la cosa gli veniva riferita dal personale ma, trattandosi del capo dell’Ispettorato del lavoro, non si azzardava a rincorrerlo per chiedergli di pagare il conto.

Ancora, in riferimento a un’intercettazione relativa alla prenotazione di una cena del 22 settembre 2015, fu concordata con Siviero, per conto di Ferrara, una cifra di 20 euro, che l’imprenditore ha definito in linea con gli sconti applicati a frequentatori abituali e importanti del locale, inoltre quello che il loro gruppo consumò quella sera fu congruo al prezzo pattuito. Dunque, nella linea difensiva, Ferrara non ha mai avuto alcun contatto diretto con Tondini, tanto che nessuna intercettazione o attività investigativa ne dà conto. Ergo, nessun rapporto corruttivo fu mai posto in essere dal ristoratore.

L’altra questione chiave riguarda un controllo programmato per il 1 ottobre 2015 – cioè una settimana dopo la cena con sconto – di cui il giorno prima Siviero diede comunicazione a Tondini in modo "del tutto inaspettato". Già nei giorni precedenti, ha spiegato il padrone della Pousada, aveva comunicato alla sua consulente del lavoro, Roberta Bernardi (che sempre ieri in aula ha confermato) i nominativi dei dipendenti da regolarizzare per il mese di ottobre con contratti a voucher. All’epoca il locale aveva una trentina di lavoratori, alcuni a tempo indeterminato, altri a tempo determinato e sei a voucher. Appreso dell’ispezione imminente, Tondini provvide a trasformare i contratti a voucher in tempi determinati, in ragione del fatto - ha spiegato - che i secondi snelliscono le procedure di controllo, in quanto al loro arrivo gli ispettori hanno già una lista dei dipendenti, mentre con i voucher gli accertamenti rischiano di mandare all’aria una serata. Come già, del resto, era accaduto l’8 marzo 2012, quando gli ispettori "controllavano i baristi mentre preparavano i cocktail con la fila dei clienti al banco". Dunque, nessun tipo di vantaggio economico sarebbe derivato alla Pousada da quella ’soffiata’, cui non ne seguirono altre, in quanto già in precedenza i dipendenti erano in regola, sebbene con diversa forma contrattuale. Sentenza prevista a metà settembre.

l. p.