REDAZIONE RAVENNA

"Non morì per la mucca pazza". Archiviazione per 40 sanitari

Respinta dal Tribunale l’opposizione alla richiesta già avanzata dal Pm, i cui consulenti avevano ritenuto conforme l’operato medico, ascrivendo il decesso di una donna di 59 anni ad altre cause.

Si chiude definitivamente il caso della morte di una donna di 59 anni avvenuta nel maggio 2019 presso l’ospedale di Ravenna, inizialmente ipotizzata come legata al morbo della “mucca pazza”. Dopo quasi cinque anni di indagini, il giudice per le indagini preliminari Andrea Galanti ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla Procura, ponendo fine al procedimento che vedeva coinvolti 40 tra medici e infermieri di vari reparti dell’ospedale di Ravenna.

L’inchiesta era scaturita dalle denunce dei familiari della donna, rappresentati dall’avvocato Francesco Furnari, che avevano contestato la gestione clinica, definendo "imprevista" la morte delle donna, che era rientrata al lavoro dopo essere stata curata da un linfoma con un trapianto di midollo. Tuttavia, una consulenza medico-legale disposta dal Pubblico Ministero aveva escluso responsabilità da parte del personale sanitario, chiarendo che la donna era gravemente immunodepressa al momento del ricovero e affetta da una polmonite avanzata ed encefalite, risultate poi fatali. L’autopsia effettuata il 20 maggio 2019 all’ospedale Bellaria di Bologna aveva confermato che la causa del decesso fu uno shock settico terminale, senza alcun legame con il morbo della mucca pazza.

Nonostante l’opposizione all’archiviazione presentata dai familiari, tutelati dall’avvocato Francesco Furnari, secondo i legali del personale sanitario – gli avvocati Giovanni Scudellari e Ermanno Cicognani per la maggior parte delle posizioni, poi Luigi Gualtieri, Carlo Alberto Baruzzi e Marco Linguerri – non sono mai emerse prove di errori o negligenze mediche. L’avvocato Cicognani ha sottolineato che a tutte le contestazioni mosse dal legale dei familiari delle vittima avevano già dato risposta i consulenti della Procura, escludendo sia l’ipotesi di una diagnosi tardiva sia la mucca pazza, o morbo Creutzfeldt-Jakob, come causa della morte. I familiari avevano infatti contestato un presunto ritardo diagnostico e una diagnosi errata di encefalite, ma consulenza e l’autopsia hanno smentito tali accuse: la malattia non era attribuibile al morbo della mucca pazza, e la diagnosi di polmonite risultava corretta e tempestiva. Come dichiarato dall’avvocato Scudellari, l’opposizione non ha portato elementi nuovi o concreti, limitandosi a sollevare ipotesi già confutate dagli atti tecnici: "Le condotte poste in essere dagli indagati, ognuno per il proprio ruolo, sono apparse conformi e soprattutto perfettamente idonee a fronteggiare il quadro clinico e sanitario". Da qui l’archiviazione per tutti.

Lorenzo Priviato