Papeete Milano Marittima, la Cassazione conferma i sequestri

Rigettati i ricorsi delle società che gestiscono lo stabilimento. L’indagine è su una presunta evasione delle imposte sui redditi

Una vecchia foto di una festa al Papeete

Una vecchia foto di una festa al Papeete

Ravenna, 2 aprile 2022 - La corte di Cassazione, terza sezione penale, ha rigettato i ricorsi delle difese e confermato i sequestri per alcune centinaia di migliaia di euro scattati nei confronti delle società che gestiscono Papeete, stabilimento noto per essere luogo delle vacanze del senatore Matteo Salvini, Villapapeete, hotel Miami e hotel Napoleon di Milano Marittima.

L’indagine della guardia di Finanza era partita dalla società ravennate Mib Service ed era arrivata a delineare una somministrazione di manodopera in favore di imprese del settore turistico e della ristorazione, dissimulata – secondo l’accusa – con falsi contratti d’appalto di servizi ed emissione di fatture non corrispondente al vero. Ai vertici delle società, che si sono rivolte alla Cassazione, è contestato l’aver indicato nelle dichiarazioni Iva elementi passivi fittizi, con fatture emesse da Mib per operazioni inesistenti.

I fatti sono stati collocati tra il 2017 e il 2020. Nel dettaglio, per la Cassazione l’ordinanza del Riesame ha descritto chiaramente il meccanismo fondato "sull’illecita somministrazione di manodopera" da parte di Mib in favore delle società committenti, con fatture relative a operazioni che, per quanto effettivamente eseguite, erano tuttavia "soggettivamente inesistenti".

Come riepilogato nella sentenza dai giudici della Suprema Corte, nell’ambito della stessa vicenda il tribunale ravennate ha emesso tre distinti sequestri preventivi. Il tutto sulla base delle verifiche del nucleo di polizia economico-finanziaria delle Fiamme Gialle, le quali avevano "disvelato l’esistenza di una illecita somministrazione di manodopera" da parte della Mib a favore di imprese del settore turistico e della ristorazione, dissimulata attraverso la stipula di "contratti fittizi di appalto di servizi" con un elevato numero di imprese. In quanto alle srl che hanno fatto ricorso, "avevano potuto fruire di un considerevole credito Iva".

Secondo l’interpretazione del gip ravennate prima e del tribunale cautelare poi, le varie società e la Mib, attraverso la forma negoziale del contratto d’appalto di servizi, avevano "dissimulato un’illecita intermediazione di manodopera" in quanto alla Mib, non assumeva su di sé "alcun rischio di impresa". Inoltre, "risulta dimostrato" che la Mib "non era autorizzata" alla somministrazione di manodopera e che le direttive "sull’esecuzione dei lavori provenivano dagli imprenditori committenti".

A novembre scorso il gip ravennate, su richiesta della procura, aveva disposto il commissariamento della Mib per un anno. L’ultimo sequestro preventivo risale invece a fine estate, quando sempre il gip ravennate aveva disposto il blocco di circa 2 milioni e 300mila euro distribuiti su 35 indagati, accusati di aver usato le fatture della Mib al fine di evadere imposte sui redditi e sul valore aggiunto. A questo punto non è escluso che l’inchiesta possa essere a breve chiusa.