Patuelli e l’eredità di Luigi Rava

Ieri alla biblioteca Oriani la presentazione del libro dedicato al politico. Un viaggio nel passato

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‘Un pensiero per lo Stato. Antologia di un riformatore’ è il titolo del volume curato da Fulvio Cortese e Andrea Rapini presentato ieri mattina in un’affollata sala Spadolini della Fondazione Casa di Oriani. Il protagonista è Luigi Rava, che può annoverarsi "tra i grandi dimenticati della storia politica e intellettuale del nostro Paese" come chiosa il presidente della Fondazione, Sandro Rogari, nell’introdurre il dialogo con Antonio Patuelli, direttore della rivista Libro Aperto.

Rava uomo di cultura e anche politico, "ben rappresentato nel titolo del volume di Cortese e Rapini" come dice Patuelli, "ma non esente da critiche". Il pensiero di Patuelli porta innanzitutto a considerare il peso di Ravenna (e Russi) nelle vicende nazionali dei decenni tra 1800 e 1900. Corrado Ricci ministro, Rava e Pasolini addirittura sindaci di Roma, Baccarini, Luigi Carlo Farini e il poi il figlio Domenico. È il russiano Alfredo Baccarini il primo mentore del ravennate Rava, che si occupa di politica e sale anche ai vertici della Cassa di Risparmio di Ravenna, senza conflitti di interesse perché al tempo la banca si occupava soprattutto di solidarietà.

Attraverso Baccarini, entra in strettissimi rapporti con Giovanni Giolitti, un lungo legame in nome "dello Stato", "una identificazione – spiega Patuelli – alla base delle scelte errate che furono poi fatali a Rava". L’uomo che sognava di salvare la zona dantesca, infatti, entrò nel primo e nel secondo governo Salandra facendo lo sbaglio di "ritenere che la difesa dello Stato potesse venire da chiunque ne difendesse la stabilità". E, così, aderì all’Unione fascista del Senato: "Un errore, che Baccarini non avrebbe mai commesso" nota Patuelli.

lo. tazz.