
Era arrivato ad accumulare qualcosa come 30mila euro, rivendendo le marche da bollo che, in qualità di assistente amministrativo presso la Questura di Ravenna, dipendente civile del ministero dell’Interno, gli passavano tra le mani. Ieri il tribunale collegiale – presidente Cecilia Calandra, a latere Antonella Guidomei e Andrea Chibelli – ha condannato a due anni e sei mesi per peculato un 48enne, ex poliziotto dal 1994 al 2008 ma che all’epoca dei fatti che gli vengono contestati non indossava più la divisa. La Procura chiedeva quattro anni e tre mesi.
L’imputato, difeso dall’avvocato Claudio Cicognani, ha peraltro ammesso tutti gli addebiti, attribuendo al tunnel della tossicodipendenza, da cui ora ha detto di essere uscito, la causa che lo indusse a tradire lo Stato. Lo stesso ha parlato di "periodo devastante", collocato nel 2018, durante il quale "avevo sviluppato notevoli capacità dissimulatorie" e "in un archivio parallelo conservavo le marche da bolle asportate". Il suo legale, in arringa già pensava "a tamponare gli effetti collaterali della condanna". Una volta definitiva, il dipendente – oggi in servizio a Bologna – sarà certamente licenziato. Inoltre rischia il carcere, essendo il reato di peculato divenuto ostativo in seguito alla legge del 2019 cosiddetta ’spazzacorrotti’, e alcuni dei fatti contestati sono successivi all’entrata in vigore. Il 48enne si occupava delle pratiche dei passaporti, fino alla loro consegna. Al modulo il richiedente allegava una marca da bollo da 73,5 euro, che lui asportava, conservava e rivendeva agli utenti che davanti a lui ne erano sprovvisti. L’indagine partì dopo che una collega, sentendolo dalla stanza vicina maneggiare del denaro, cosa proibita ai poliziotti, si insospettì.
l. p.