"Pianificò tutto e uccise con lucidità"

Condannato a 30 anni per l’avvelenamento del patrigno e il tentato omicidio della madre.. I giudici: "Sequenza da horror"

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Una "sequenza da vero film dell’orrore e un dolorosissimo, lungo, autentico dramma". Così la Corte di assise di Bologna, con il presidente Pier Luigi Di Bari, descrive l’esperienza vissuta da Monica Marchioni, la donna vittima del figlio Alessandro Leon Asoli, faentino di nascita, che il 15 aprile 2021, oltre a tentare di assassinare la madre, avrebbe ucciso il patrigno Loreno Grimandi. L’uomo morì a Ceretolo di Casalecchio di Reno, dopo aver mangiato un piatto di penne al salmone per cena, secondo l’ipotesi d’accusa confermata dai giudici che a fine maggio lo hanno condannato a 30 anni, preparate dal figlio e avvelenate con nitrito di sodio.

Asoli, 21 anni, come sottolinea la Corte nella motivazione, dopo aver assassinato Grimandi ha tentato di uccidere tre volte la donna, (con la pasta, con un bicchiere avvelenato e infine tentando di soffocarla) accompagnando i propri gesti con "parole terribili: ‘cazzo, perché non muori?’".

I giudici rigettano l’ipotesi difensiva di un tentato suicido della madre, fortemente depressa, che avrebbe anche ucciso il marito. E ritengono sussistenti le aggravanti contestate al figlio, tra cui la premeditazione. L’imputato avrebbe pianificato tutto da tempo e la "risoluzione omicida" risalirebbe a fine marzo, mentre di inizio aprile sono le ricerche e gli studi su internet, che hanno portato all’acquisto del nitrito, ma anche di altre sostanze velenose, come bulbi di Gloriosa Superba. La Procura, con il pm Rossella Poggioli, aveva chiesto l’ergastolo. Ma i giudici hanno valutato le aggravanti equivalenti alle attenuanti generiche, concesse per l’età, non ancora 21ennne e perché "senza nulla togliere alla sua responsabilità e all’assenza di significativi e rilevanti problemi di natura psichiatrica, la sua vicenda familiare aveva contribuito a non farlo maturare abbastanza". E per questo hanno deciso di infliggere un "fine pena con un tempo determinato", seppur nel limite massimo. Il movente, che secondo l’accusa sarebbe stata l’eredità, per i giudici invece affonda "le sue radici nelle vicende di vita" del ragazzo in sostanza in una aggressività "per questa madre da cui si sente, oltre che trascurato, ‘pressato’ (per lo studio, per il lavoro) e di cui finisce per pianificare la morte", ritenendola "la donna che gli ha rovinato la vita".

Asoli avrebbe dimostrato una capacità di manipolare il prossimo, secondo la Corte, e avrebbe ingannato anche il padre biologico, che si è detto convinto della sua innocenza.