REDAZIONE RAVENNA

Processo per lesioni aggravate a Castel Bolognese: alcol etilico nelle bottigliette d'acqua

Un 43enne accusato di aver versato alcol etilico nelle bottigliette di colleghe affronta il processo per lesioni aggravate.

L’uomo non ha saputo. spiegare perché avesse versato alcol etilico dentro alle bottigliette delle colleghe

L’uomo non ha saputo. spiegare perché avesse versato alcol etilico dentro alle bottigliette delle colleghe

Uno scherzo di cattivo gusto, una ritorsione per qualche malumore maturato tra colleghi. Chissà cos’altro gli era passato per la testa: perché nemmeno lui, una volta pizzicato sul fatto e persino dopo avere confessato che era accaduto già altre volte, non era stato in grado di spiegare esattamente come mai avesse versato nella primavera del 2019 alcol etilico dentro alle bottigliette di acqua di un paio di colleghe.

E dopo al licenziamento in tronco dalla ditta – una spa di Castel Bolognese -, per lui erano iniziate le grane penali. Il processo per lesioni aggravate contro l’uomo – un 43enne difeso dall’avvocato Paolo Giorgi – è giunto alle battute conclusive ieri mattina quando davanti al giudice Tommaso Paone e al viceprocuratore onorario Adolfo Fabiani, è stato ascoltato l’allora direttore del personale il quale ha ripercorso la vicenda a partire da quando, nel maggio di cinque anni fa, "mi arriva voce tramite il capofficina dell’azienda di dolori" a un paio di lavoratrici tra "crampi alla pancia e mal di testa".

Disturbi in fondo comuni a tante piccole transitorie patologie e così "aspettai: ma dopo un po’, visto che le lamentele sui malesseri proseguivano", ecco che allora aveva iniziato a nutrire qualche sospetto non ancora canalizzato. Almeno "fino a quando mi arriva una informazione su movimenti sospetti" dell’imputato "durante la pausa pranzo". L’azienda, che oggi conta "circa 400 dipendenti, quasi 300 nel 2019", attorno al pranzo si svuotava per ovvi motivi: uguale a maggiore possibilità di azione per chi magari avesse voluto compiere gesti non proprio consoni. Vedi il 43enne: non solo sorpreso il 27 di maggio durante la manipolazione; ma "lui stesso ammise di avere manomesso la bottiglietta e aggiunse che non era la prima volta: gli dicemmo che non era certo stata una bella cosa e il giorno dopo gli facemmo una contestazione disciplinare" che lo portò al licenziamento.

"A giugno un sindacalista tentò di impugnare: lo incontrammo faccia e faccia e gli dicemmo che per noi non c’era proprio altra strada". Del resto su indicazione della responsabile aziendale per le analisi interne, "incaricammo una ditta specializzata" per compiere l’analisi della fatidica bottiglietta manipolata. I risultati lasciarono ben poco spazio alle ipotesi alternative. A questo punto il quadro appare chiaro, tanto più che il gesto è stato ammesso dallo steso imputato. I dubbi della magistratura sono probabilmente legati all’entità delle lesioni lamentate dalla lavoratrice che aveva segnalato il caso: la donna, proprio a ridosso di quel 27 di maggio, era rimasta a casa dal lavoro per 12 giorni proprio per via di malesseri: lei del resto era da un po’ che diceva di non stare bene. A suo nome, agli atti figurano anche due certificati legati pure a uno stato ansioso presumibilmente indotto dalla situazione. La sentenza è attesa per inizio aprile.