Anche nella nostra città vi sono state e vi sono tuttora persone che hanno vissuto e vivono al margine. Mi ha sempre incuriosito la figura di una mendicante di nome Fortunata Allodoli, conosciuta col nome di "Zopa Caratena", per la sua abitutine di fumare la pipa di terracotta. Questa mendicante secondo la testimonianza di Pio Poletti in ‘Addio Vecchia Ravenna’, è vissuta a cavallo tra Ottocento e Novecento ed era ancora viva nel 1924. Aveva una gamba più lunga dell’altra, e andava in giro a mendicare con una specie di cooperativa di straccioni da lei fondata e comandata che amministrava con disciplina, competenza e severità. Aveva un fratello di nome Camillo, che la gente chiamava per dileggio "Cont Camel Caratena", e il fatto che avesse il soprannome di lei, la dice lunga sul rapporto di sudditanza che esisteva tra di loro. Questo fratello andava sempre a ranocchi, pare fosse la sua unica occupazione.
La Zopa, quando avvistava le guardie, fischiava, e tutti gli straccioni sparivano. Finì i suoi giorni al ricovero Garibaldi, e di lei, in seguito al bombardamento dell’edificio durante la guerra, non è rimasta alcuna traccia. Di un altro personaggio più recente vorrei parlare, che ho anche conosciuto: il suo nome era Bia, nota come "la vecia di palon", che con la bicicletta portata a mano, raccoglieva cartoni e dormiva nei pressi del Candiano. Un giorno l’ho incontrata, e fissandomi mi ha detto "Va’ a lavuré, vagabond!!", ho pensato che i simili riconoscono subito gli uguali a loro, e ho sorriso. Oggi non vedo più macchiette caratteristiche del passato, ma persone diverse che stazionano nella nostra città, seguite dalla Caritas, che usufruiscono della mensa di San Rocco o di Santa Teresa, e che troviamo agli angoli delle strade, davanti alle chiese. Come riconoscere chi realmente vive di stenti da quelli che, come mi dicono alcuni negozianti, raccolgono in una giornata somme di denaro e in nero, più consistenti della paga di un lavoratore? Sono ormai volti noti, poiché da più anni girano in città, e tanti concittadini, mossi a pietà, li aiutano concretamente, ma altri nutrono nei loro confronti diffidenza e spesso li invitano a regolarizzare la loro permanenza e a cercarsi un lavoro. Quante situazioni, e chissà quali storie e traversie hanno passato! Pur vero che molti stranieri regolari si sono inseriti anche nel lavoro, altri, forse purtroppo trovano più comodo l’accattonaggio e preferiscono una vita randagia vivendo alla giornata. Ma come disse il cappone al gallo che cantava vita da re: "A durarala pu?"
Nevio Spadoni