REDAZIONE RAVENNA

Quella statua in bronzo sul sagrato Per non dimenticare don Francesco

Realizzata dallo scultore bolognese Cesare Rabitti, l’opera si trova davanti alla chiesa di Conselice

Sul sagrato della chiesa di Conselice c’è un monumento in bronzo che immortala un prete con a fianco la bicicletta con cui aveva svolto gran parte del suo impegno pastorale. E se si considera che un simile onore è stato concesso a un sacerdote, in una terra di accesi anticlericali come la Romagna, non può che destare sorpresa questa scelta fatta finalmente in completo accordo tra il popolo di Peppone e il gregge del don Camillo conselicese. Un riconoscimento che ha trovato la sua stessa motivazione sulla targa posta alla base della statua realizzata dallo scultore bolognese Cesare Rabitti, su cui si legge: “A don Francesco Gianstefani, parroco di Conselice dal 1928 al 1962, sacerdote che ha incarnato la fede facendosi fratello di tutti”. Ed era stato lo stesso Peppone di allora, Nerio Cocchi, a impegnarsi nei primi anni del Duemila per portare a buon fine l’iniziativa. Nel suo intervento alla manifestazione inaugurale il sindaco Cocchi aveva voluto, tra l’altro, rendere omaggio a quel don Camillo paesano con queste parole: "Questo nostro parroco ha veramente vissuto il suo impegno pastorale non con lo spirito del pastore che attende all’ovile le sue pecorelle, ma in mezzo alla sua gente, partecipe degli eventi e sempre pronto a venire in soccorso di ogni pecorella del suo gregge, nei momenti del bisogno e senza alcuna distinzione". Un impegno arduo quello di don Gianstefani e che aveva attraversato tutto il ventennio fascista, seguito dalla guerra; quindi dagli eventi dell8 settembre 1943 e infine dagli ultimi mesi del fronte rimasto fermo a inizio 1945 sul fiume Senio, in Romagna.

Un periodo davvero difficile nel quale il sacerdote era stato chiamato a ricoprire anche il ruolo di primo cittadino, in una municipalità rimasta ormai senza guida. Magro, leggermente incurvato, la borsa tutta logora e gonfia di pratiche, la veste dimessa, questo indomito parroco era sempre pronto a partire per correre in aiuto dei suoi parrocchiani. Spesso in lunghe trasferte in treno, per raggiungere Roma per il disbrigo di pratiche nei ministeri; ma anche in Vaticano, approfittando della sua intima amicizia con papa Pacelli, che era stato suo insegnante quando era studente seminarista al collegio Capranica. Un rapporto quello con l’insegnante Eugenio Pacelli, che il destino aveva deciso di riproporre al seminarista Gianstefani quando, chiamato in guerra nel 1917, era poi finito prigioniero in un lager austriaco; campo di prigionia dove il giovane seminarista, nel settembre 1918, aveva incontrato ancora il suo vecchio insegnante, ma nelle nuove vesti Nunzio Apostolico in Baviera. Ora, a ricordare quel grande pastore di anime che ha speso la sua vita a curare e amare il suo gregge, è quella bella statua in bronzo che campeggia sul sagrato della chiesa e da cui partiva ogni giorno per dare vita alla sua appassionata missione pastorale.

Renzo Rossi