Rosa Calderoni, la lettera del figlio: "Mia mamma è morta in ospedale a Lugo, ma non si sa perché”

Lo sfogo del figlio dell’anziana dopo 9 anni: fu accusata l’ex infermiera Poggiali, ora assolta definitivamente. "Avevo diritto a delle risposte. Andati persi elementi utili"

Viviano Alci e la madre Rosa Calderoni

Viviano Alci e la madre Rosa Calderoni

Lugo (Ravenna), 8 aprile 2023 – Gli resta una tomba su cui piangere la propria madre. Ma a nove anni esatti da quel triste giorno, ancora non sa perché sia morta e gli interrogativi restano tanti.

L’ex infermiera Daniela Poggiali, accusata di questo e di un altro omicidio con iniezione di potassio, tra le corsie dell’ospedale di Lugo, a gennaio è stata definitivamente assolta in Cassazione, epilogo di un processo record con ben sette gradi di giudizio e verdetti in altalena.

Rosa Calderoni si spense l’8 aprile 2014. Per la sua morte nessun colpevole, nessuna risposta sulle cause. Il figlio della donna, Viviano Alci, affida a una lettera tutta la propria amarezza: "Dall’8 aprile 2014 mia madre Rosa Calderoni è come insepolta per noi figli, che ancora ci troviamo senza la risposta cui avremmo diritto sul perché e per che cosa è morta in modo così inaspettato, e viviamo male questa angoscia che non ci lascia mai". Continua: "Sono passati 9 anni, sono passati 7 processi da quando i carabinieri mi chiamarono per consegnarmi un foglio con degli articoli di legge, senza spiegarmi cosa significassero ma invitandomi a rivolgermi a un avvocato. Il bilancio amaro, dopo questi nove anni, me lo ripeto tutte le volte che vado a piangere sulla tomba di mia madre: mamma, quanto vorrei venire qui senza nient’altro che il ricordo delle tue ultime serene parole “quando vengo a casa vi faccio i cappelletti” e senza nient’altro che la dolorosa rassegnazione alla vita che passa e alla morte che ne è solo l’ultima parte naturale".

Non lancia accuse, Viviano Alci, ma in un passaggio chiama in causa l’azienda sanitaria romagnola: "Mi sento vittima e ti sento vittima di una gestione (cui posso riconoscere solo la buona fede) che, prima dell’intervento della Procura, aveva lasciato che si perdessero pezzi di verità poi irrecuperabili". Fa riferimento al caso delle contestate ’autopsie fai da te’ quando l’ospedale, prima di chiedere l’intervento dei magistrati, indagò in autonomia le cause di decessi che si stavano ripetendo e che sembravano sospetti, esponendosi a critiche. "Mi sento e ti sento – conclude il figlio parlando alla madre scomparsa – vittima di certi pregiudizi di chi non conosce i fatti e parla di un processo nato su mia denuncia che doveva farmi “ricco”. Io che questo processo l’ho subito, senza denunciare nessuno, senza mai frequentare i media o sollecitarli. E tutto questo nonostante una sentenza dica che “il fatto non sussiste”: che tu ed io, mamma, non siamo vittime. Ecco, è ben strana una verità ufficiale per cui vittime non ci sono, che produce invece tante ragioni per sentirsi tali".

Lorenzo Priviato