Santa Maria in Porto Ravenna, zero fondi ma via ai lavori

Mai visto lo stanziamento promesso dal Governo Conte, solo offerte dei privati

Lo smontaggio di una statua pericolante dalla facciata (FotoZani)

Lo smontaggio di una statua pericolante dalla facciata (FotoZani)

Ravenna, 26 gennaio 2020 - L’obiettivo è 750mila euro, ma ora, a nove mesi dall’avvio del progetto, sembra sempre più lontano. Il Comitato di cittadini per salvare Santa Maria in Porto, nato la scorsa primavera di fronte agli ennesimi danni alla chiesa, da aprile a oggi ha raccolto in totale 35mila euro: una cifra ragguardevole da mettere insieme con donazioni di piccolo taglio, ma che è appena un ventesimo di ciò che serve per rimettere in sesto una chiesa di quelle dimensioni e con tutti i vincoli storici e architettonici. Lo scorso aprile, infatti, servì l’intervento dei vigili del fuoco per mettere in sicurezza i due pinnacoli in cima alla facciata, dei quali uno è caduto durante il forte vento di bora del 26 marzo, e l’altro è stato rimosso perché durante la stessa tempesta era diventato instabile.

Ma i problemi della chiesa vanno ben oltre: dal 1999 sopra al presbiterio è collocato un telo che protegge l’altare dalla caduta di intonaco dal soffitto del cupolone, soggetto a infiltrazioni. In più punti della chiesa, inoltre, si sono create grosse crepe che vengono tenute monitorate con sensori appositi dalla Soprintendenza. Santa Maria in Porto non è di proprietà della Curia, ma del Demanio, gestita dalla Soprintendenza per conto del Ministero dei Beni culturali. Attende fondi statali da molti anni, ma finora non sono arrivate che le briciole. Con la raccolta fondi il Comitato sperava di vedere arrivare donazioni da grossi investitori, ma l’unica di rilievo fino ad ora è stata quella della Fondazione Cassa, che ha dato 10mila euro che verranno utilizzati subito per rimettere in sesto una porzione di tetto danneggiata da terremoto e fenomeni meteorologici estremi: i lavori partiranno a primavera.

Nelle casse del Comitato resteranno 25mila euro: il gruppo va avanti, ma spera che anche il governo possa fare la sua parte. «Ringraziamo la Fondazione Cassa, senza la quale non potremmo restaurare il tetto: è un aiuto prezioso – spiegano dal Comitato – e poi vedremo come vanno avanti le cose». In questi mesi, poi, i volontari hanno sperato anche che potessero sbloccarsi fondi ministeriali. In primavera, dopo l’annuncio della nascita del Comitato, era infatti intervenuto sulla questione il senatore del Movimento 5 Stelle Marco Croatti, annunciando che il Ministero aveva già finanziato i fondi necessari a restaurare la chiesa.

Nell’elenco degli interventi apparsi sul sito del Ministero c’è, in effetti, anche quello relativo a Santa Maria in Porto: ma è previsto in un arco di anni compreso tra il 2021 e il 2032. «Speravamo che potessero essere anticipati – spiegano dal Comitato – e ci chiediamo se ci sia la volontà politica di dare priorità, con un’eventuale partenza già dall’anno prossimo». Ma dalla scorsa primavera i volontari non hanno saputo più nulla, e il governo Conte I è caduto. «Abbiamo provato ad approfondire la questione, a contattare il senatore e il Ministero per saperne di più, ma non abbiamo ricevuto risposta – dice anche don Luca Lukanowski, parroco di Santa Maria in Porto –. Abbiamo provato a contattare anche il ministro per i Beni culturali Dario Franceschini in occasione dei 30 anni dalla morte di Zaccagnini, visto che questa era la sua parrocchia, per ricordargli che qui c’è la necessità di un restauro. Per ora nessuno ha risposto». I volontari, intanto, vanno avanti, sperando in una risposta.