Ravenna, raggirato con la promessa di sesso

Avvenente quarantenne a giudizio per circonvenzione e furto

"Ravenna, raggirato con la promessa di sesso"

"Ravenna, raggirato con la promessa di sesso"

Ravenna, 12 gennaio 2019 - Mai sottovalutare le conseguenze dell’amore. Quelle di questa storia – almeno per l’accusa – sono decisamente tangibili: una fede, un anello e una catenina d’oro spariti dalla casa di lui. Ma anche diverse migliaia di euro via via partite dal conto del nostro. In termini di codice penale, furto aggravato e circonvenzione d’incapace: sono i reati per i quali giovedì mattina il gup Corrado Schiaretti, così come chiesto dal pm Daniele Barberini, ha rinviato a giudizio un’avvenente ultra-quarantenne ravennate.

Inutile il tentativo della difesa (avvocato Monia Socci) di chiudere tutto con un ‘non luogo a procedere’: nelle udienze che partiranno a metà febbraio, la donna si troverà davanti anche la parte civile, l’avvocato Marco Bertozzi, costituitosi per conto dell’amministratrice di sostegno del protagonista della vicenda. Sì, perché l’uomo, di qualche anno più grande dell’imputata e come lei ravennate, è segnato da un certo disagio personale. Da qui la necessità di amministrarne il patrimonio e la facilità di manipolarlo. Vedi con la promessa di una relazione non solo sentimentale ma anche sessuale, come sostiene la procura.

La denuncia, fatta alla polizia Municipale, risale al marzo 2016. È una parente ad accorgersi che qualcosa è cambiato nella vita dell’uomo. E davanti all’ispettore che sta verbalizzando tutto, ripercorre la storia del proprio caro, compresi i problemi che lo attanagliano e le modalità con le quali il suo patrimonio viene gestito.

Non esattamente due spiccioli ma i risparmi di una vita, qualcosa come 100mila euro. Poi racconta dei primi sospetti arrivati dalla signora delle pulizie: in casa erano venuti a mancare circa mille euro che l’uomo teneva per gli imprevisti. E poi, dietro al letto, aveva trovato un paio di mutandine da donna. Solo il primo dei campanelli d’allarme: perché per l’uomo era diventato difficile perfino fare fronte alle piccole spese. Senza poi contare che sul telefonino aveva accumulato ricariche per 750 euro. Da usare con una donna?

Il nome dell’imputata si è materializzato grazie a un riconoscimento dell’impiegata dell’ufficio postale. Là dove lei – prosegue l’accusa – avrebbe accompagnato lui per fargli aprire un conto per un finanziamento da 10 mila euro da cui poi prelevare. Sul capo d’imputazione, in un paio di settimane del febbraio 2016, troviamo prestiti da 50, 100 euro alla volta e un mega-assegno da 5.000 euro. Infine ci sono quei monili spariti. E, sottolinea l’accusa, proprio in quel periodo lei aveva piazzato alcuni gioielli a un compro-oro. Solo una coincidenza? Vedremo. In ogni caso, mai sottovalutare le conseguenze dell’amore.