ANDREA COLOMBARI
Cronaca

Si gettò con figlia e cagnolina. Giulia rinviata a giudizio. A maggio si aprirà il processo

Deve rispondere di omicidio pluriaggravato e uccisione di animale. Per lo psichiatra è incapace

Deve rispondere di omicidio pluriaggravato e uccisione di animale. Per lo psichiatra è incapace

Deve rispondere di omicidio pluriaggravato e uccisione di animale. Per lo psichiatra è incapace

L’appuntamento davanti alla corte d’assise è per il 7 maggio. È quel giorno che si aprirà il processo contro Giulia Lavatura Truninger, la 41enne che la mattina dell’8 gennaio 2024 si era lanciata con la sua bimba Wendy di sei anni e la cagnolina Jessy dal loro appartamento al nono piano di un condominio di via Dradi. Un volo di quasi 30 metri al termine del quale la piccola e la bestiola erano morte sul colpo mentre la donna si era salvata (ora si trova in una struttura protetta di Faenza).

Al termine dell’udienza preliminare di ieri mattina, il gip Janos Barlotti, come chiesto dal pm Stefano Stargiotti, ha deciso per il rinvio a giudizio dell’imputata, difesa dall’avvocato Massimo Ricci Maccarini. La scelta è interpretabile dal punto di svita tecnico con la necessità di applicare alla 41enne, accusata di omicidio pluriaggravato e di uccisione di animale, una misura restrittiva che la protegga anche da se stessa: passaggio possibile appunto solo davanti alla corte d’assise. Del resto sul destino processuale dell’imputata, pende quanto l’11 ottobre scorso in aula davanti al gip Andrea Galanti aveva riferito lo psichiatra Gabriele Braccini, nominato dal tribunale, in merito alle condizioni della donna: incapace di intendere e volere e socialmente pericolosa. Una conclusione che, come tale, apre potenzialmente a questo scenario: un non doversi con libertà vigilata in una struttura protetta, là dove del resto la 41enne si trova già ora. In udienza non era presente l’avvocato Massimo Moriglioni che tutela il marito dell’accusata e padre della bimba defunta: come prevedibile, nessuno cioè si è costituito parte civile contro la 41enne.

Dopotutto già a suo tempo in sede di convalida dell’arresto eseguito dalla polizia, il gip Galanti aveva individuato nelle condizioni della donna - sia la sua capacità che la sua pericolosità sociale -, il nodo giuridico della vicenda. In particolare aveva messo in luce un "concreto e attuale pericolo di reiterazione" con la conseguente necessità di proteggere sia chi in futuro le si dovesse trovare accanto che lei "da se stessa" alla luce di "un male interiore profondo e radicato".

Per quanto riguarda la dinamica degli eventi, l’unica perplessità in prima battuta era stata indicata nella sopravvivenza della 41enne: come era stato cioè possibile che, "schiantandosi al suolo" da una simile altezza, potesse "essersi ferita in modo tutt’altro che fatale?". La spiegazione più plausibile sta nelle impalcature e nelle reti di protezione che circondavano in quei giorni lo stabile e che potrebbero avere attutito la caduta della 41enne proiettandola però verso una punizione di gran lunga superiore della morte: ovvero sopravvivere alla figlioletta. Per il resto, secondo le verifiche della squadra Mobile, la donna da almeno una decina d’anni era seguita dal centro di salute mentale. Lei stessa a suo tempo, nell’interrogatorio davanti al pm, spiegando di avere maturato la decisione del gesto estremo dal 22 dicembre 2023, non aveva fatto mistero di avere smesso negli ultimi giorni con le medicine perché "mi creavano un gran tremore alle mani". Poi aveva scritto una lunga lettera su Facebook per spiegare il suo gesto. E infine si era lanciata segnando per sempre il suo destino e quello degli affetti a lei più cari.

Andrea Colombari