
L’intenzione era quella di liquidare i beni nell’ambito di un concordato. L’operazione però non è andata in porto: e così sono stati gli stessi vertici a chiedere il fallimento, richiesta a cui pure la procura si è poi associata. Con sentenza depositata in cancelleria giusto giovedì scorso, la sezione civile del tribunale ha dichiarato il fallimento della Tozzi Sud spa e della Tozzi srl, colossi ravennati dell’oil&gas e delle energie rinnovabili con sede a Mezzano.
La domanda di concordato era stata presentata in tribunale l’11 marzo scorso. La decisione - secondo quanto all’epoca riferito da vertici aziendali, era "mirata a preservare la continuità aziendale, a salvaguardare il livello occupazionale e a proteggere i creditori". In particolare fattori come "l’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia da covid19 insieme alla impossibilità di accedere a strumenti di aiuto per fronteggiare tale crisi", per i diretti interessati avevano "aggravato la situazione finanziaria durante l’ultimo trimestre del 2020".
Secondo i dati forniti, la compagnia, attiva da oltre 70 anni e specializzata in impianti chiavi in mano dell’oil&gas e delle energie rinnovabili, aveva un fatturato consolidato di 156 milioni di euro ed era operativa in otto differenti Paesi distribuiti in quasi tutti i continenti: oltre all’Italia, anche la Russia, la Spagna, la Polonia, Abu Dhabi, Iraq, Cile, Messico, Colombia e Brasile. "Lo stato di crisi – avevano spiegato i vertici del gruppo - non è stato determinato dalla mancanza di commesse nel portafoglio ordini. In particolare, per la gran parte delle commesse in corso, sia in Italia che all’estero, sono stati programmati colloqui con i rispettivi clienti per assicurare il massimo impegno per proseguire e portare a termine, nel reciproco interesse, i progetti comuni".
Dal punto di vista tecnico, l’iniziale concordato in bianco era stato formulato attraverso una domanda incompleta sia nella proposta che nel piano: doveva però contenere alcuni specifici documenti come i bilanci degli ultimi tre esercizi e l’elenco di crediti e creditori. Chi l’aveva presenta, poteva godere da subito degli effetti legati alla procedura concordataria (i creditori ad esempio non potevano proseguire con eventuali azioni esecutive). Gli atti di ordinaria amministrazione dell’azienda restavano in mano al legale rappresentante. Per l’intera procedura, erano stati individuati due commissari: i commercialisti Mattia Berti e Marco Minguzzi. Ed erano stati assegnati 120 giorni di tempo per il deposito della proposta.
Ora sappiamo che le cose sono andate altrimenti. Con la sentenza di fallimento, il tribunale ha dato tre giorni di tempo ai legali rappresentanti delle due società per depositare libri e scritture contabili, nel caso non lo avessero già fatto. Ha inoltre fissato a fine marzo l’udienza per la verifica dello stato passivo di entrambe le società. E ha infine dato ai creditori il termine di trenta giorni prima di quella data per presentare le loro richieste al fine di potere entrare nella procedura fallimentare.
Andrea Colombari