"Un libro sull’Afghanistan per chiudere il cerchio"

I progetti del pluripremiato fotografo Lorenzo Tugnoli, di Sant’Agata. Quest’anno la vittoria del Pulitzer con un servizio sullo Yemen

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Da cinque anni vive in Libano, a Beirut. Tanti quanti quelli trascorsi, prima del 2015, in Afghanistan, a Kabul. Lorenzo Tugnoli, classe 1979, originario di Sant’Agata sul Santerno, è un fotoreporter vecchia maniera. "Lavoro per il Washington Post a fianco dei suoi corrispondenti. Loro sono i giornalisti, io il fotografo. Un modello che, fatto in questo modo, in Italia non funziona più, anche per questioni economiche".

Il 40esimo compleanno lo ha festeggiato conquistando uno dei premi più prestigiosi, il Pulitzer, con le immagini che hanno documentato la crisi umanitaria in Yemen, le stesse che gli hanno valso anche il riconoscimento del World Press Photo. "È stato un lavoro importante, fatto due anni fa. Insieme al corrispondente del Washington Post – racconta – abbiamo trascorso 2 mesi in Yemen. Lavorare per la testata permette di arrivare a luoghi e vivere situazioni che da freelance sarebbe molto difficile raggiungere e vivere".

Come il tempo trascorso con l’esercito afghano e, successivamente,insieme ai talebani. Nel 2019 ha vinto il Wordl Press Photo per un servizio ’The longest war’ (La guerra più lunga) in una zona del Paese da loro controllata, di fficile accesso Due sono i premi conquistati nel 2020 per la storia fotografica dedicata allo Yemen, World Press Photo nella sezione Contemporary Issues Stories e il Bayeux Calvados photo trophy, promosso dalla regione francese della Normandia.

Il primo portfolio fotografico Tugnoli lo ha realizzato all’età di 13 anni usando la macchina fotografica del padre. Ai tempi dell’Università, negli anni 2000, la passione è diventata voglia di raccontare, attraverso le immagini. "Non ho mai frequentato una scuola di fotografia – racconta Tugnoli –. Piuttosto ho imparato lavorando con fotografi affermati. Sono molto felice degli ultimi premi ricevuti perchè le foto in bianco e nero che hanno conquistato le giurie si legano a quelle che guardavo quando ho iniziato il mio percorso che, nonostante le incertezze iniziali, si è trasformato in un lavoro".

Tugnoli entra nel dettaglio delle sue fonti di ispirazione: "Le immagini in bianco e nero che mi hanno ispirato sono quelle che hanno raccontato la guerra dei Balcani – spiega – . Sono foto in cui domina il contrasto, foto truculente che rappresentano una sorta di marchio del fotogiornalismo degli anni ‘90".

In Italia, Tugnoli collabora con l’agenzia Contrasto per la quale recemente ha realizzato il servizio comparso per due numeri sull’Espresso, dedicato all’esplosione al porto di Beirut avvenuto nell’estate scorsa. Libia, Afghanistan e Libano sono i paesi in cui Tugnoli continuerà a dedicarsi. Fra loro, l’Afghanistan continua a occupare un posto privilegiato. Dopo il libro ’The littlebok of Kabul’ dedicato nel 2014 agli artisti della capitale afghana e realizzato insieme alla scrittrice Francesca Recchia, Tugnoli sta pensando a un altra pubblicazione, dedicata all’evoluzione della situazione politica e civile dell’Afghanistan.

"L’idea è di costruire un lavoro in grado di chiudere il cerchio – spiega –. La prima volta che ho varcato i confini afghani è stato nel 2009. Da allora seguo la situazione del Paese giunta ora a un punto cruciale per il suo futuro. Sarebbe bello raccontare la fine della guerra, ma tutto dipende da quello che accadrà. Questa intenzione – conclude Tugnoli – vale anche per il Libano. Per entrambi però non ho ancora la sensazione di avere un corpo di lavoro tale da realizzare un libro".

Monia Savioli