"Un progetto per contrastare il dolore"

Il dottor Innamorato, primario di Terapia antalgica, ha delineato un percorso per aiutare i pazienti, specie al Pronto Soccorso

Migration

di Sara Servadei

Un percorso che inizia già in ambulanza e prosegue in Pronto soccorso, nell’attesa della diagnosi. È un vero e proprio progetto per cambiare l’approccio al dolore quello che ha messo a punto in questi mesi Massimo Innamorato, primario della Terapia antalgica a Ravenna. Il programma si chiama ’Contrasto del dolore acuto e cronico’ e verrà applicato in tutta la Romagna: l’orizzonte è partire all’inizio del 2023. Il percorso di fatto è già tracciato, ma manca la formazione per il personale che dovrà applicarlo.

Le intenzioni sono chiare: lenire il dolore del paziente che deve aspettare. Non è un segreto, del resto, che le attese al Pronto soccorso sono lunghe, e lo sono diventate ancora di più ultimamente, con la mancanza dei medici di cui soffrono tutte le strutture sanitarie d’Italia. E così l’obiettivo dell’Ausl è rendere quell’attesa, se non altro, meno estenuante dal punto di vista fisico: "Aspettare 6 o 10 ore in Pronto soccorso in uno stato di benessere decoroso è un conto – dice Innamorato – ma farlo mentre si soffre un dolore insopportabile e in aumento è un altro. Inoltre occorre bloccarlo alla prima insorgenza, per evitare un incremento eccessivo. Questo dà una mano sia al paziente che agli operatori nel gestire la situazione". Del resto il dolore è ovviamente la prima causa di accesso al Pronto soccorso: "E al momento non c’è un trattamento – prosegue Innamorato –. Spesso non si fa niente all’arrivo del paziente perché c’è il timore di mascherare i sintomi, rendendo più difficile la diagnosi. Al contrario, il dolore finisce per stimolare il corpo inducendo altri sintomi che sono una risposta solo al dolore stesso".

La procedura, che verrà applicata in tutti i Pronto soccorso della Romagna, vede in campo gli infermieri, che "devono avere la possibilità, coperti e tutelati con protocolli ben scritti e precisi, di intervenire sui pazienti – spiega Innamorato –. La prima ora col paziente è importante per trattare il dolore: in una sola ora può anche raddoppiare, e a quel punto diventa difficile ridurlo. E poi da un punto di vista biochimico il dolore scatena una serie di eventi nel sistema endocrino a cascata che poi possono peggiorare tutta una serie di parametri: basti pensare all’aumento della frequenza cardiaca come conseguenza della secrezione di adrenalina, che altro non è se non una risposta del corpo al dolore. Nell’intervenire diamo beneficio non solo al sistema nervoso centrale che lo avverte, ma anche a quello endocrino".

Il percorso inizia già in ambulanza, dove "l’infermiere, con una delega del medico, potrà intervenire con farmaci molto sicuri – dice Innamorato – come morfina e tachipirina. La tachipirina infatti a pieno dosaggio è un ottimo antidolorifico, che riesce ad abbassare la quota di morfina, che invece ad alte dosi può dare effetti collaterali".

C’è poi il Pronto soccorso. Qui gli infermieri saranno formati per gestire il dolore in tutti i pazienti sopra i 3 anni, e lo faranno già al triage, nella prima ora: "A parte i codici rossi e arancioni, per i quali la presa in carico avviene subito, tutti gli altri devono attendere – aggiunge Innamorato –. Per loro l’infermiere valuterà l’intensità del dolore su una scala, eseguirà quindi un’anamnesi per verificare l’eventuale presenza di allergie e potrà somministrare farmaci senza bisogno di altre autorizzazioni: tachipirina, codeina più tachipirina o tramadolo più tachipirina. Questi medicinali coprono abbondantemente la prima ora di dolore, e se ben gestiti non presentano effetti collaterali. Dopo 30 e 60 minuti l’infermiere farà una rivalutazione del dolore del paziente, e se persiste può effettuare una seconda somministrazione. In questo modo noi speriamo e crediamo di poter dare una mano a tutta la popolazione che si rivolge al Pronto soccorso perché sta male".