ALESSANDRA CODELUPPI
Cronaca

Affidi, il caso di una minore: "Allontanata dalla famiglia dopo rapporti sessuali con lo zio"

La complessa e dolorosa vicenda di una ragazzina rievocata in aula da una educatrice della comunità "Diceva che aveva nostalgia dei parenti". L’avvocato difensore della Bolognini: "Smentita l’accusa".

Affidi, il caso di una minore: "Allontanata dalla famiglia dopo rapporti sessuali con lo zio"

Affidi, il caso di una minore: "Allontanata dalla famiglia dopo rapporti sessuali con lo zio"

La storia complessa di una minorenne di origine orientale è stata trattata ieri nel processo sul ‘caso Bibbiano’. Lei era stata allontanata dalla famiglia nel marzo 2018 e poi accolta in una comunità del Parmense. In ballo la relazione sessuale che lei, non ancora 14enne e quindi non in grado di dare il consenso, ebbe con uno zio connazionale che ne aveva 25: lui risulta rinviato a giudizio, ma irreperibile. È stata sentita una teste che nel 2018 faceva l’educatrice nella comunità in cui fu accolta la ragazzina, nata nel 2004. Rispondendo dapprima al pm Valentina Salvi, ricorda che la ragazzina, allora 13enne, poco dopo essere entrata nel centro, fece gesti autolesionistici tagliandosi l’avambraccio per scrivere la parola ‘fuck’. In una relazione del 27 luglio 2018 in cui si fa riferimento a giugno, si accenna a tre episodi simili: "Ricordo che la minore era preoccupata per la distanza dalla famiglia, per l’essere in comunità, ma non che lei riferì un motivo specifico. La scritta sul braccio – rimarca – se la fece nella notte dopo un incontro coi servizi sociali".

Racconta che la minore "mi parlava bene della famiglia e aveva nostalgia di casa". Dice di aver riferito ai servizi, tramite mail, che lei aveva nostalgia dei parenti: "Inizialmente lei non voleva tornare a casa perché aveva timore del giudizio dei genitori e della comunità, ma poi esplicitò la volontà di tornare a casa". In una relazione del 15 febbraio 2019 si entra poi nell’argomento spinoso dei rapporti con lo zio: "Lei ne parlava come legame, diceva che gli era molto affezionata e che i genitori non ne erano al corrente, ma a me non spiegò di più. Alla comunità i servizi sociali riferirono che lei era stata allontanata dalla famiglia perché c’era un’ambiguità nella relazione con lo zio: l’assistente sociale Annalisa Scalabrini riferì che emerse anche durante un sopralluogo a casa dei genitori dalla disposizione delle camere da letto".

Nel maggio 2018 nacque un fratellino: "I genitori, e anche la minore, tenevano al fatto che lei partecipasse al battesimo nel tempio, ma i servizi dissero no perché gli incontri dovevano essere in forma protetta". In un incontro la psicologa Nadia Bolognini parlò poi delle sedute con la minore, che furono una alla settimana nel giro di un mese: "La ragazza era inquieta perché dalle sedute era emerso che lo zio era stato definito dalla psicoterapeuta ‘pedofilo’, cosa che la faceva stare male. Bolognini ci disse che era stata la ragazza a chiamarlo così dopo una sua rielaborazione".

Parola poi all’avvocato Luca Bauccio, codifensore di Bolognini: l’educatrice precisa che "la psicologa chiamò lo zio ‘pedofilo’ definendolo fuori legge perché le loro età erano molto diverse, ci disse che ne stava parlando con la minore e che lei si stava aprendo, tanto che le uscì la parola ‘pedofilo’". L’educatrice parla di "grande professionalità" dimostrata da Bolognini. Si cita un’intercettazione in cui la Bolognini diceva alla minore che quello era un uomo adulto, lei solo una ragazzina. "La psicologa parlava dei comportamenti illeciti, poi la minore aveva paura che a lui accadesse qualcosa". A margine dell’udienza, Bauccio parla di "ennesima smentita dell’accusa". L’avvocato Strumia per Scalabrini ha evidenziato che nella relazione del luglio 2018 si annotava anche che la ragazzina aveva detto: "So che per la mia età ha fatto cose da pedofilo" e che quando lei si tagliava provava sollievo. La teste spiega: "Mi sembrò giusto segnalare".