"Con quella sassata avrebbe potuto morire"

Aggressione fuori dal Rockville, battaglia sulla perizia. L’avvocato difensore dei due imputati: "Ma non fu un tentato omicidio"

"Con quella sassata avrebbe potuto morire"

"Con quella sassata avrebbe potuto morire"

Di per sé l’uso del sasso, in sinergia col pugno, è stato ritenuto idoneo a mettere in pericolo la vita della persona colpita. E la condotta contestata agli imputati dal pm Maria Rita Pantani è stata descritta come potenzialmente idonea a causarne la morte. Ma il perito nominato dal tribunale non ha potuto escludere la possibilità che l’ematoma sulla testa, nella parte frontoparietale, potesse essere ricondotto alla caduta al suolo.

È quanto ha riferito ieri, in sintesi, il medico legale nominato dal tribunale come perito, davanti al collegio presieduto dai giudici Cristina Beretti, a latere Giovanni Ghini e Silvia Semprini. Il processo riguarda l’accusa mossa a due giovani di tentato omicidio nei confronti di Giuseppe Checchia, 19enne modenese: il ragazzo fu aggredito nella notte fra l’8 e il 9 ottobre 2022 a Castellarano, all’uscita dalla discoteca Rockville.

I due imputati sono entrambi in custodia cautelare ai domiciliari. Uno è il 18enne Kevin Coppolecchia, residente a Castellarano: è difeso dagli avvocati Roberto Ghini e Valentina Schenetti. L’altro è il 21enne Daniele Eugenio Vernucci, di Sassuolo, per il quale è stato disposto anche il braccialetto elettronico: è assistito dagli avvocati Ghini e Roberta Pasquesi. Ieri in aula c’erano Schenetti e l’avvocato Alessandro Morselli (quest’ultimo al posto di Pasquesi). Sono entrambi giudicati col rito abbreviato condizionato alla perizia medico-legale, che fu dapprima rigettato dal gup e poi di nuovo disposto dal collegio.

Il giovane ferito si è costituito parte civile attraverso l’avvocato Cosimo Zaccaria.

La perizia era stata chiesta dalla difesa, che ha incaricato anche un proprio consulente, e altrettanto ha fatto la Procura. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Checchia sarebbe stato colpito al volto prima con un pugno e poi alla testa da un sasso scagliato a breve distanza, a seguito di una lite scoppiata fuori dal locale, per poi cadere a terra: rimase in coma diciassette giorni e poi dovette sopportare conseguenze nei mesi successivi.

Secondo il perito nominato dal tribunale, il lancio del sasso, con adeguata forza, verso l’encefalo, zona di indubbia importanza vitale, poteva avere conseguenze letali. Ma la difesa ha posto allo specialista ulteriori questioni, che ritiene fondamentali: ad esempio, se lui abbia tenuto conto della posizione e della distanza tra i tre giovani, se potesse proporre una sua ricostruzione dei fatti, e quanto abbiano inciso il pugno, il sasso e la caduta al suolo, nonché l’assunzione di alcol.

Il perito ha risposto di non aver analizzato autonomamente questi aspetti e di non aver ritenuto rilevante l’eventuale consumo pregresso di alcol. È emerso anche che lo specialista ha analizzato solo una parte dei documenti. In aula c’era anche il consulente della Procura, che gli ha posto alcune domande.

"Sono moderatamente soddisfatto – dichiara l’avvocato difensore Ghini –. La perizia è in parte lacunosa, ma è emerso in modo inequivoco che non si trattò di un tentato omicidio, ma di lesioni che comportarono un pericolo di vita. Il perito non ha potuto stabilire se la lesione all’encefalo, dalla quale fortunatamente Checchia si è ripreso, sia dipesa dal pugno, dal sasso o dall’impatto a terra".