Condanna pesantissima per il nipote del boss

In abbreviato 20 anni a Salvatore Grande Aracri così come all’ex politico Giuseppe Caruso: in totale erogate pene per 230 anni

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di Alessandra Codeluppi

Condanne per oltre due secoli: circa 230 anni totali per i 48 imputati del processo di ‘ndrangheta ‘Grimilde’ che hanno scelto il rito abbreviato e gli altri nove che invece hanno patteggiato. Il verdetto del gup Sandro Pecorella conferma, pur con qualche limatura, la bontà dall’impianto accusatorio del pm della Dda Beatrice Ronchi. Il procedimento è scaturito dall’inchiesta della polizia di Stato sugli illeciti ravvisati a carico della famiglia Grande Aracri di Brescello e dei suoi complici, culminata nelle misure restrittive del giugno 2019. Il giudice ha applicato la pena più alta a due imputati, accusati, insieme ad altri, di associazione mafiosa: vent’anni di carcere. Uno è Salvatore Grande Aracri, 41enne di Brescello, figlio di Francesco (1954) - che sarà giudicato a Reggio con rito ordinario - e nipote del boss Nicolino Grande Aracri: per lui la condanna coincide con quella chiesta dal pm. "Ricorrerò in Appello. Sono coinvinto che il mio assistito non faccia parte dell’associazione e non sia un promotore", dichiara l’avvocato Giuseppe Migale Ranieri. Stangata, invece, per un ex politico: Giuseppe Caruso, 60 anni, ex presidente del consiglio comunale di Piacenza, di Fratelli d’Italia, condannato a vent’anni a fronte dei 15 anni e 10 mesi chiesti dal pm. Per lui disposta l’interdizione perpetua dai pubblici uffici e dichiarato estinto il lavoro che aveva nell’Agenzia delle dogane: secondo la Dda, aveva sfruttato il suo ruolo di funzionario per favorire la cosca in una truffa all’Unione europea. Pena pesante - 12 anni e 10 mesi -pure per il fratello Albino Caruso, 61enne. Diverse le condanne sopra i dieci anni, tra le quali figurano i reggiani Francesco Muto (1967) di Brescello, Pascal Varano di Poviglio e Domenico Spagnolo di Cadelbosco.

Riconosciuta responsabile anche la sorella di Salvatore Grande Aracri, la 37enne Rosita (per lei 2 anni e 4 mesi) e la moglie Carmelina Passafaro (2 anni e 1 mese. Per Nicolino Grande Aracri, pena molto più lieve della richiesta del pm (4 anni e 8 mesi): 11 mesi e 23 giorni, in quanto sulla maxitruffa alla Vigna Dogarina di Treviso si ravvisano la querela non tempestiva e viene esclusa l’aggravante mafiosa. Giudicati colpevoli anche i fratelli Antonio e Cesare Muto, autotrasportatori di Gualtieri, e le loro mogli Rossella Lombardo e Rosetta Pagliuso. Due anni e due mesi alla reggiana Natascia Zanetti; riconosciuto colpevole Manuel Conte di Brescello. Per sei persone disposto il non doversi procedere: niente aggravante mafiosa e prescrizione per Isauro Bonacini di Rio Saliceto, Michele Fidale, Mariantonietta Mallia di Boretto e Roberto Pensato; per querela non tempestiva per Luigi Muto (1987) e Nicola Tafuni. Per Romolo Villirillo deciso il rinvio degli atti al pm per la vicenda della truffa al ministero dei Trasporti da due milioni attraverso una falsa sentenza. Nove i patteggiamenti, tra cui il geometra Stefano Bisi, che curò la ristrutturazione della bocciofila di Brescello: "Ha contribuito casualmente all’intestazione fittizia, avendo tra i contatti diretti Salvatore Grande Aracri".