Coronavirus Reggio Emilia, l'allarme di Nicaso "L'epidemia può aiutare la mafia"

L'intervista: "La ’ndrangheta farà di tutto per sfruttare le difficoltà economiche e creare consenso sociale"

Antonio Nicaso è uno dei massimi studiosi italiani di mafia

Antonio Nicaso è uno dei massimi studiosi italiani di mafia

Reggio Emilia, 8 aprile 2020 - Sembra lontana, ma non lo è, l’eco delle risate che gli ‘ndranghetisti facevano al telefono nel 2012, quando pianificavano grandi affari attraverso i cantieri per la ricostruzione post sisma in Emilia. Ora in modo diverso anche il Coronavirus sta facendo tremare le nostre terre: secondo Antonio Nicaso, uno dei massimi studiosi mondiali di ‘ndrangheta, sarà una nuova emergenza su cui i clan cercheranno di ricostituirsi, dopo la botta degli arresti inferta dall’indagine ‘Aemilia’.

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"Il terremoto dovrebbe ricordarci - afferma Nicaso - che le mafie sono rapaci e opportunistiche. Ora servono occhi aperti perché a Reggio e in regione, zone ricche e appetibili, le mafie faranno di tutto per sfruttare le difficoltà economiche e creare consenso sociale". Professor Nicaso, qui l’emergenza Coronavirus può diventare un’opportunità da sfruttare per i clan mafiosi? "Sì. Le mafie nascono come fenomeno di controllo sociale e poi come agenzia di servizi. La storia dimostra che la ‘ndrangheta ha sempre saputo trasformare le crisi in opportunità, passando dal terremoto del 1908 tra Reggio Calabria e Messina a quelli recenti in Abruzzo e in Emilia-Romagna, così come per la crisi dei prestiti interbancari tra 2007 e 2008, quando salvò dal fallimento molti istituti tramite i soldi accumulati con la droga". E ora su quali direttrici potrebbero muoversi le mafie, anche da noi? "Una è quella del welfare, sostituendosi allo Stato. L’altra è il doping finanziario, per reinvestire i ricavi degli stupefacenti, rilevando aziende in difficoltà: uno scenario prevedibile anche nel contesto reggiano. Potrebbero dare aiuto a persone che soffrono - pensiamo alla camorra che a Napoli sta distribuendo la spesa alle famiglie - o a ditte in crisi. In futuro, poi, potrebbero ottenere in cambio sostegno elettorale". Potrebbero fare affari infiltrandosi nella produzione di dispositivi di protezione? "Sanità ed dilizia, sono due settori da sempre di interesse della mafia perché sono le voci di bilancio più cospicue e permettono di entrare a contatto con la politica. Nel mondo c’è una grande domanda di mascherine, ma l’offerta scarseggia: qui potrebbero investire. Poi c’è la grande distribuzione, importante perché ora sono tutti a casa".

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Dopo le condanne di primo grado di ‘Aemilia’, i clan potrebbero riorganizzarsi? "Se pensassimo di risolvere il problema con un solo processo, saremmo degli illusi. La ‘ndrangheta ha una grande capacità di rigenerarsi: l’Emilia è troppo appetibile per scoraggiare un’eventuale ripresa delle attività. Le famiglie di ‘ndrangheta che finora non hanno potuto strutturarsi, come fece il boss Nicolino Grande Aracri, ora potrebbero fare investimenti per poi insediarsi". Le restrizioni ai movimenti comprimeranno gli affari della ‘ndrangheta? "Sì, anche i clan avranno subito danni. Ma questa crisi favorisce il trasferimento dei grossi quantitativi di droga dai luoghi di produzione a quelli di consumo, perché i controlli potrebbero essersi allentati. Lo spaccio ha poi cambiato dinamiche attraverso la consegna a domicilio insieme agli alimenti". Quali settori vede più a rischio di infiltrazione nelle nostre zone? "Sicuramente le piccole e medie imprese, ma anche la ristorazione e l’accoglienza, che sono in difficoltà, oltre ai settori alimentare e della distribuzione, anche se non sono in crisi".