
di Alessandra Codeluppi
Un presunto giro di formaggio Dop - Parmigiano Reggiano e Grana Padano - contraffatto e non conforme ai disciplinari di produzione.
L’inchiesta condotta dal pm Maria Rita Pantani, era emersa nel 2015 con i primi tre indagati, poi saliti nel giro di due anni a ventisette. Gli imputati compariranno tra una settimana davanti al gup Dario De Luca per l’avvio dell’udienza preliminare: tra loro gli ex vertici e alcuni addetti della ditta Nuova Castelli, il più grande esportatore del formaggio di casa nostra nel mondo, oltre ai rappresentanti dei consorzi di tutela dei due formaggi, rispettivamente Giuseppe Alai (all’epoca dei fatti) per quello del Parmigiano e Stefano Berni per quello del Grana Padano.
Per dodici persone è stata formulata l’accusa di associazione a delinquere, tra cui il fondatore della Nuova Castelli ed ex presidente del consiglio di amministrazione, il 72enne Dante Bigi. Quest’ultimo ha schierato un tandem difensivo che include l’avvocato reggiano Giovanni Tarquini e Federico Cecconi (nella foto), il legale che assiste Silvio Berlusconi nel processo milanese ‘Ruby ter’, con diverse ‘olgettine’ che avrebbero testimoniato il falso nei due processi sul caso Ruby in cambio di soldi e altre utilità dall’ex premier.
Stesso reato anche per altri undici, tra cui l’ex amministratore delegato della Nuova Castelli Luigi Fici, 51enne di Firenze, e il mantovano Mario Panazza, 52enne amministratore di società ricondotte all’azienda reggiana.
L’associazione a delinquere graviterebbe "intorno alla Nuova Castelli spa, con società nazionali e internazionali collegate". I due formaggi sarebbero stati creati "con fermenti lattici anche in numero superiore a quello consentito per il Grana Padano e vietati nella produzione del Parmigiano Reggiano".
Oltre all’utilizzo "di latte con residui di antibiotici e presenza superiore ai limiti di aflatossine (altamente tossiche e ritenute tra le sostanze più cancerogene esistenti)".
Numerose le accuse formulate a vario titolo per altre quindici persone. Ad Alai, in concorso con Bigi e Fici, si contesta l’abuso d’ufficio "per il recepimento dei rimborsi dei contributi export del 2014: malgrado sapesse della non genuinità dei dati contabili forniti dall’azienda e giustificando questi atti come compiti istituzionali, ha procurato alla Nuova Castelli un ingiusto profitto e pari danno per i consorziati". Abuso d’ufficio ravvisato anche per Berni, insieme a Fici, "per la strategia difensiva tesa a sminuire le responsabilità penali e amministrative in capo alla Nuova Castelli".