LUCIANO MANZOTTI
Cronaca

"Franco venne qui per celebrare Augusto"

Beppe Carletti ricorda l’amicizia con Battiato: "Ci fece una carineria: citò la frase di una nostra canzone in un suo brano"

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di Luciano Manzotti

Un artista colto e raffinato. Un musicista sempre pronto a sperimentare e a fare dello studio e della ricerca, il suo modus vivendi. Dopo una lunga malattia, vissuta nella massima riservatezza, ieri, a Milo, all’età di 76 anni, si è spento Franco Battiato.

È stato uno dei cantautori più eclettici del nostro panorama musicale, autore di brani come “Centro di gravità permanente” e “La cura”, tanto per citare alcune delle sue perle più preziose entrate nell’immaginario collettivo, era legato alla nostra città da un”amicizia e da una grande stima che nutriva per il compianto Augusto Daolio e per i Nomadi.

"Augusto era un intellettuale. L’ho conosciuto negli Anni Sessanta in balera", raccontò al Carlino Reggio nel 2012, quando venne a ritirare il premio dedicato a Daolio, proprio a Novellara, nel corso del “XX TributoNomadincontro’’.

"Cerco di muovermi il meno possibile", ci disse. "Ma non potevo mancare. Sia io che i Nomadi, eravamo agli inizi. Loro, però, arrivarono al successo molto prima di me. Ci accomuna il fatto che, quando abbiamo iniziato noi, non c’era l’intento di guadagnare e basta. Noi, eravamo spinti soprattutto da una grande passione".

Beppe Carletti, leader della band più longeva del pop-rock italiano, ricorda così il collega scomparso.

"Pian piano, se ne stanno andando tanti amici che hanno segnato la storia della musica italiana. Ricordo Franco, quando venne a Novellara al Nomadincontro con grande affetto. Era un signore della musica, forse, il più grande innovatore. Il grande successo, arrivò con un disco storico che si chiamava “L’era del cinghiale bianco”. Non c’eravamo incontrati tantissime volte, ma in quell’occasione , volle venire a Novellara proprio per celebrare Augusto. Lui, molto carinamente, aveva citato una frase di una nostra canzone, in un suo brano. Era una frase ribelle che invitava a non giudicare i giovani dell’epoca, solamente perché portavano i capelli lunghi".

Nel corso della sua lunga carriera, si è cimentato con il pop, con la musica colta, con l’elettronica e perfino con la lirica. I suoi sentieri musicali hanno intrecciato tematiche importanti : dall’amore, al rimpianto del tempo che passa, sempre con uno sguardo curioso sui limiti dell’esistenza umana e la sua follia. Ha collaborato con artisti come il violinista Giusto Pio e con intellettuali del calibro di Manlio Sgalambro. Ha scritto per molte Signore della canzone italiana, da Milva (la mitica “Alexanderplatz) ad Alice (“I treni di Tozeur“, “Per Elisa”) e Giuni Russo (’’Un’estate al mare”) ma – nel suo periodo più easy - regalò una canzone ironica anche a Ombretta Colli (moglie di Giorgio Gaber) intitolata “Cocco fresco cocco bello”. Perché Battiato era così, poteva passare dai brani più popolari a quelli più colti e raffinati. Mixando sempre cultura alta e cultura, per così dire, bassa. E così, erano i suoi album che non avevano mai uno stile unitario.

"Sento il bisogno di rinnovarmi - spiegava - perché man mano che vado avanti, mi aumenta il senso di claustrofobia musicale".